Alberto Pian

Alberto Pian

CHE COS’È IL PODCASTING (3)

Pubblicazione a puntate delle bozze del primo e del secondo capitolo del libro Podcasting! in uscita nella primavera del 2023. Parte 3. Nel primo capitolo ripercorriamo le fonti storiche del podcasting per capire che cos’è esattamente e perché è stata una rivoluzione che contrappone filosofie e visioni differenti sulla distribuzione e fruizione di contenuti. Vediamo anche quali errori e inesattezze circolano oggi sul podcasting analizzando alcuni esempi concreti. Nel secondo capitolo affrontiamo gli errori e le imprecisioni che circolano sul podcasting. Scopriamo che queste derivano dallo scontro fra due contrapposte visioni sulla fruizione dei contenuti.

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Nasce il podcasting: una “radio” in un feed RSS

Come si chiamerà il nuovo media?

Una radio racchiusa in un feed RSS! È questo ciò a cui si stava lavorando. Qualche mese prima, il 12 febbraio 2004, il giornalista Ben Hammersley del Washington Post, pubblicava l’articolo Audible Revolution, una piccola inchiesta proprio su questo nuovo fenomeno che stava emergendo negli USA, di ascoltare contenuti in stile radiofonico scaricabili dalla rete, svincolandosi dai limiti di un ascolto condizionato dagli orari, dalle frequenze, dalla ricezione geografica. La novità era che non si trattava di musica ma di reportage, interviste, diari di viaggio, trasmissioni talk, che non passavano dai canali radiofonici tradizionali ed erano realizzate in proprio, proprio come gli articoli di un blog. All’epoca non esisteva neppure un nome ufficiale per battezzare questo nuovo approccio. Lo stesso Ben Hammersley si interrogava in proposito:

“Ma come chiamarlo? Audioblogging? Podcasting? GuerillaMedia? “È un esperimento, in realtà”, dice Christopher Lydon, ex giornalista del New York Times e della National Public Radio, ora pioniere del settore. “Tutto è poco costoso. Gli strumenti sono disponibili. Tutti dicono che chiunque può essere un editore, chiunque può essere un’emittente”, dice, “vediamo se funziona”.

Non c’è un nome ufficiale, tutto è poco costoso, lo può fare chiunque, mentre la radiofonia richiede ingenti investimenti e professionalità tecniche di rilievo. Qualche mese più tardi il blogger Doc Searls notava che fra tutti i termini forse quello che si stava affermando spontaneamente nella strettissima cerchia dei primi sperimentatori americani, fra i quali Adam Curry, era proprio quello di podcasting

Adam Carry crea iPodder e iTunes integra i podcast

Adam Curry aveva appena creato iPodder (che in seguito si chiamerà Juice), il primo aggregator per podcast, “inventando” così il podcasting e la sua stessa logica. L’applicazione interpretava il file XML (in ergo si dice fare il parsing), che costituiva il feed RSS del podcast.

iPodder di Adam Curry, la prima applicazione per ascoltare i podcast.

Scheda. Gli aggregator

Notiamo ancora una volta che per fruire dei podcast non c’era bisogno – e non ce n’è bisogno ancora oggi – di pagine WEB, poiché si ascoltano tramite gli aggregator. iPodder di Adam Curry è stato il primo, era multipiattaforma per Windows, Linux e Apple Macintosh.  iTunes (dal 2004) è stato un’altro aggregator, oggi lo sono Apple Podcast (2012), Spotify (2006), Google Podcast (2018) e tante altre applicazioni.

Nell’autunno del 2004 Apple integrò il podcasting nell’iTunes Music Store. I creatori (podcaster) potevano così depositare i feed RSS dei loro podcast in iTunes da cui gli utenti di tutto il mondo si sarebbero potuti abbonare per ascoltarli in perfetta mobilità.

Schermata di iTunes (2006) mostra la sezione Podcast che contiene anche i podcast istituzionali dei network radiotelevisivi.
I podcast oggi (2023), in Apple Podcast e in Google Podcast.

Giovanna evolve

Ricordate quando abbiamo parlato di come Giovanna riceveva gli articoli del suo blog preferito sui viaggi in bicicletta? Bene, quel blog è evoluto e il suo creatore è diventato un podcaster: ogni settimana registra una trasmissione in stile talk sui viaggi in bicicletta! Entusiasta, Giovanna ha acquistato un iPod. Si alza la mattina, collega l’iPod al computer Mac o Win, apre iTunes e attiva la sincronizzazione. Tutti i podcast ai quali è abbonata sono aggiornati automaticamente e scaricati mentre intinge la brioche nel caffellatte. Poi Giovanna scollega l’iPod, indossa le cuffie, esce di casa per andare a lavorare e… si dimentica di portare il bambino a scuola! Scherzo, ma non troppo. La tecnologia è diventata intrigante e apre la porta alla fruizione mobile di qualsiasi tipo di contenuto, così come oggi la conosciamo.

Il battesimo del podcasting: Personal Option Digital Casting

Dunque il 2004 è l’anno ufficiale del podcasting.

Il 28 settembre, nell’articolo che abbiamo già citato, DIY Radio with Podcasting, Doc Searls si poneva il problema di battezzare il nuovo media stabilendo una definizione precisa. Intanto egli notava che la ricerca del termine in Google restituiva appena 12 risultati senza che questo termine avesse ancora un significato. Egli risolse la questione proponendo alla community dei pionieri del podcasting questa precisa e motivata definizione:

“L’importante è che tutti gli standard con cui stiamo lavorando siano aperti. Sono la nuova e crescente infrastruttura per una nuova classe di “casting”. Non sostituirà il broadcasting vecchio stile, così come l’FM non ha sostituito l’AM e la TV non ha sostituito la radio. E non si tratta di narrowcasting, che è concepito come trasmissione per un numero minore di persone. È il podcasting. Creerò un acronimo per questo: Personal Option Digital ‘casting‘.

Vi prego di rileggere la definizione di Doc Searls e le sue motivazioni. La sua visione era chiaramente (e giustamente) indipendente. Il termine podcasting non si doveva confondere con i dispositivi che gli utenti utilizzavano per ascoltare contenuti audio musicali, come gli iPod di Apple: “stiamo parlando di una categoria e non del prodotto di una sola azienda”, scriveva Doc Searls. Questa categoria non si sarebbe dovuta confondere né con un dispositivo specifico, né con un modello specifico di contenuto radiofonico, cioè con un format (talk, news, intrattenimento, ecc.). Il podcasting nasceva da un community di blogger che aveva a cuore l’indipendenza e la libertà del nuovo media.

Perciò quello che contava è che il podcasting si basava su un protocollo libero e aperto come il Feed RSS nel formato XML. Quindi anche la stessa tecnologia sarebbe stata aperta, svincolata da dispositivi o protocolli proprietari (come gli iPod e iTunes), e disponibile per tutti i creatori e per tutti i fruitori. Doc Searls è stato lungimirante, chiunque abbia grossolanamente identificato il podcasting con il termine iPod non solo si è sbagliato ma deve anche considerare che oggi gli iPod non esistono più. Dal 2022 sono stati abbandonati al loro destino, mentre la tecnologia del podcasting rimane, cresce e si afferma sempre di più.

Lo scontro fra due tendenze, che è bene conoscere

Visioni contrapposte

C’è un’altra cosa di cui voglio parlare ai lettori alla conclusione di questo capitolo. Vorrei fargli capire che dietro queste tecnologie ci sono spesso delle visioni contrapposte, differenti, del mondo. Il mondo di Internet che noi vediamo e usiamo oggi, non è esattamente lo stesso a cui pensavano i primi blogger e podcaster indipendenti, che avevano in mente una rete aperta, popolare e indipendente.

Parliamone, perché ci aiuta a capire quale direzione ha scelto il mondo e quali lezioni ne dobbiamo trarre.

Sempre nel 2004 Doc Searls avanzava questo pronostico:

“Il PODcasting sposterà gran parte del nostro tempo da un vecchio mezzo di comunicazione in cui aspettiamo ciò che vorremmo ascoltare a uno nuovo in cui scegliamo ciò che vogliamo ascoltare, quando vogliamo ascoltarlo e come vogliamo dare a tutti gli altri la possibilità di ascoltarlo.”

Tutto questo è vero con una precisazione: ciò di cui parla Doc Searls è un terreno di scontro fra due tendenze.

Da un lato la tecnologia push che spinge i contenuti verso il fruitore, come il feed RSS su cui si basano i blog e i podcast, si è diffusa e affermata in modo straordinario. Perfino le applicazioni commerciali sui dispositivi mobili come gli smartphone, utilizzano gli RSS per portare contenuti agli utenti. Questo rende sempre più impellente l’esigenza di ricevere direttamente i contenuti di interesse senza perdere tempo a sfogliare la rete e senza troppi fastidi pubblicitari. 

Dall’altro le pagine WEB e i social hanno lo scopo di attirare gli utenti nelle loro piattaforme perchè vogliono essere loro a decidere quali contenuti proporre all’utente, quali pubblicità veicolare, sia per catturarli all’interno della grande community che rappresentano, ma anche per portarli nelle specifiche community dei creator, degli influencer e di chiunque, pubblicando contenuti, alimenta questo flusso.

Nel prossimo capitolo parliamo proprio di questo, delle visioni opposte all’interno della rete e degli errori e imprecisioni che riguardano il podcasting.


Scheda. Un accenno al feed RSS, giusto per capirci

Avete notato, nello screenshot di iTunes che vi avevo mostrato prima il logo del podcasting con la scritta Publish a Podcast, centrale in basso? Grazie a quel pulsante i podcaster potevano registrare il feed  RSS dei loro podcast in iTunes.

Apple non si faceva carico di gestire i contenuti multimediali, ma solo i feed. Ricordo che il feed RSS è solo un file di testo scritto nel formato XML e perciò occupa uno spazio irrilevante. I contenuti multimediali veri e propri erano invece collocati altrove, in spazi gestiti direttamente dai podcaster su loro computer connessi alla rete, su specifici server o in servizi FTP. Questi contenuti multimediali non dovevano risiedere sulla stessa piattaforma che ospitava il feed. Anche oggi è così perché l’architettura dei feed non è cambiata. Per questo Apple poteva facilmente ospitare i feed dei podcaster in iTunes, poiché non si doveva prendere cura anche della gestione dei file multimediali, che avrebbero occupato molto più spazio.

Il podcaster inviava l’indirizzo del feed ad iTunes e dopo qualche semplice verifica da parte di Apple, il podcast appariva in iTunes.

Il comunicato di Apple che annunciava al podcaster che il il feed RSS del suo podcast era stato correttamente pubblicato in iTunes.

Feed RSS

Ed ecco come appare il testo del feed RSS di un podcast pubblicato nel 2005. In un apposito capitolo spiegherò, per chi è interessato, l’architettura di un feed, come lo si può scrivere manualmente e pubblicare. Per io momento bastia sapere che il feed non “contiene” i file multimediali, ma è solo un puntatore a questi contenuti che il podcaster ha sistemato in uno spazio nella rete. Per questo motivo il feed può essere collocato ovunque, separato dai contenuti multimediali ai quali punta. Verificate quello che vi ho spiegato proprio al tag <item> (in grassetto) che indica un episodio del podcast. La voce <enclosure url= è il puntatore  all’indirizzo dove è fisicamente collocato il file mp3 da caricare.


Riassunto del capitolo (pubblicato in tre puntate)

  • La tecnologia del podcasting nasce nel 2004 grazie a iPodder di Adam Curry, che modifica la tecnologia XML adottata dai blogger. Si diffonde il termine di “podcasting” che Doc Searls definisce, sempre nel 2004, Personal Option Digital Casting. Deriva dai blog (2000), che trasmettevano gli articoli ai lettori che vi iscrivevano grazie al protocollo XML (1998), con il quale veniva creato il file di abbonamento definito come feed RSS. Il primo lettore di podcast basati sui feed RSS è stato iPodder di Adam Curry e nel 2004 Apple integra la registrazione e la lettura dei feed RSS dei podcast nell’iPod (2001).
  • Il podcasting, così come i precedenti blog da cui deriva, nasce dalla precisa esigenza di superare due limiti.
    Il primo appartiene alla radiofonia e riguarda la casualità e la caducità dell’ascolto radiofonico: la trasmissione in diretta si perde se non sei pronto ad ascoltarla e devi averne conoscenza prima che vada in onda.
    Il secondo è il limite che appartiene alla rete: devi poter ricevere automaticamente i contenuti che ti interessano senza doverli ricercare ogni volta tra milioni di pagine WEB. Ti devi poter abbonare un flusso di informazioni relativo a un argomento di tua scelta e portalo con te per fruirne liberamente.
  • Il podcasting risolve entrambe le cose, poiché permette di ottenere i contenuti senza cercarli di volta in volta, e di ascoltarli quando e dove si vuole. Permette di combinare i contenuti creando un “casting” multimediale personale e permette di evitare il WEB (cioè di passare attraverso pagine grafiche impostate), per ottenerli.
  • Tuttavia, come vedremo nel prossimo capitolo, questa non è cosa che piaccia alle nuove piattaforme sociali che stanno nascendo e a chi vuole usare la rete per sostenere il proprio business.

(Fine del Primo capitolo. Anche il prossimo capitolo sarà pubblicato in bozza anteprima: Lo scontro fra due filosofie. Errori e imprecisioni sul podcasting)

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ALBERTO PIAN è stato il primo a introdurre il podcasting nelle scuole italiane con Radiotony, dal settembre 2005 in un istituto scolastico (Torino, IIS Bodoni Paravia). Dall’inverno dello stesso anno ha tenuto il primo insegnamento universitario presso il Master di e-Learning dell’Università della Tuscia, condotto per molti anni e all’interno del quale ha creato le tecniche di StorytellinGame. Sul tema del podcasting da diversi anni collabora con il Politecnico di Milano nel Master DOL In ambito di storytelling promuove podcast per brand e professionisti.

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