Pubblicazione a puntate delle bozze del primo e del secondo capitolo del libro Podcasting! in uscita nella primavera del 2023. Parte 4. Secondo capitolo “Lo scontro fra due filosofie. Errori e imprecisioni sul podcasting”. Dopo aver ristabilito la nobile storia del podcasting che deriva dai mutamenti della rete, dai blog e dalla fruizione libera e automatica di contenuti, parliamo di errori e di imprecisioni che circolano sul podcasting. Scopriamo che queste derivano dallo scontro fra due contrapposte visioni sulla fruizione dei contenuti.
ALTRE PUNTATE. PARTE 1 | PARTE 2 | PARTE 3 | PARTE 4
Errori e inesattezze intorno al podcasting
Si parte sempre da qui: il podcasting è indipendente dalle pagine WEB
Nel capitolo precedente abbiamo visto che il podcasting non solo non ha bisogno di alcuna pagina WEB per essere fruito, ma è sorto proprio per evitare di cercare e navigare tra le pagine della rete, è nato per essere indipendente dalla rappresentazione grafica del WEB.
L’errore di identificare i podcast con le pagine WEB che contengono contenuti audio o che propongono gli episodi di podcast è determinato dal fatto che non si conosce la storia della rete, dei suoi protocolli e del podcasting, che ho cercato di riassumere e spiegare al lettore nel capitolo precedente.
In effetti sul podcasting circola una serie di imprecisioni. Per esempio non è raro imbattersi nell’idea che il podcasting derivi da uno strumento fisico come l’iPod (2001 – 2022) insieme al concetto di broadcasting (una singola stazione che trasmette a diversi dispositivi riceventi), piuttosto che da una concezione indipendente, come quella che ho cercato di illustrarvi.
Perfino le stesse enciclopedie si rimpallano definizioni che non sono mai state verificate, riproducendo gli stessi errori.
Per Wikipedia il podcast è un “File audio digitale distribuito attraverso Internet e fruibile su un computer o su un lettore MP3. [Fin qui è giusto, NdA]. Il termine proviene da una libera fusione di iPod (➔ Apple) e broadcasting («radiodiffusione») [Ma questo è proprio sbagliato! NdA]”
Per l’enciclopedia Treccani: “File audio digitale distribuito attraverso Internet e fruibile su un computer o su un lettore MP3. Il termine proviene da una libera fusione di iPod (➔ Apple) e broadcasting («radiodiffusione»).” [Tutto completamente sbagliato! NdA]
Mentre lo stesso dizionario Treccani offre una definizione corretta: “Brano audio o video digitalizzato, diffuso attraverso la rete telematica utilizzando il protocollo di codifica dei dati Rss (Really simple syndication, Diffusione davvero semplice).”
A volte si dice addirittura che il podcasting sia stato creato dalla stessa Apple, quando abbiamo visto che iTunes è stato certamente un aggregator di podcast dal novembre del 2004 (cioè un lettore del protocollo RSS), ma non è stata Apple ad averli creati.
Anche quando si dice che i podcast sono episodi inediti o nativi si sta confondendo il motore dell’auto con la sua tappezzeria. Infatti il podcast non è definito dalle qualità che può assumere la trasmissione (non essere mai stata pubblicata in precedenza o essere concepita fin dall’inizio come podcast).
Ancora una volta, il come si ottiene il contenuto (audio), non deve essere confuso con il che cosa sia o con la sua origine. Le vecchie puntate di Alto Gradimento degli anni settanta potrebbero essere veicolate come podcast, così come l’audio di una videoconferenza può tranquillamente essere separato dal video per essere trasmesso come episodio di un podcast. Se poi è poco “asportabile”… be’ è un problema che riguarderà il suo eventuale successo, senza che il suo statuto di “podcast” (o di “brutto” podcast), sia rimesso in causa.
Vedremo che i contenuti del podcasting si ispirano alla radiofonia e che esiste un legame strettissimo fra la radiofonia e il podcasting. Fra l’altro questo legame ci darà l’opportunità di parlare del concetto di format e di clock e sviluppare dei modelli estremamente intriganti in tutti i settori: formazione, la divulgazione, marketing, editoria, personal branding, storytelling…
Ceci n’est pas un podcast, RAI un esempio concreto
Prima ho citato Alto Gradimento proprio per dimostrarvi qualcosa di concreto.
Qui sotto vedete lo screenshot della pagina WEB della RAI che contiene alcune puntate audio di quella nota trasmissione.

Benché questa pagina contenga dei contenuti audio e la RAI la chiami “podcast”, questa pagina non è un podcast. Semplicemente: dei contenuti audio sono stati inseriti (incorporati) in una pagina WEB e si possono ascoltare da questa pagina tramite un player integrato.
Infatti quando apriamo il link di condivisione oppure facciamo clic sui tre puntini e scegliamo l’opzione di recarci al podcast, non viene restituito un feed RSS ma un classico indirizzo: https://www.raiplaysound.it/playlist/altogradimento.
Ecco invece l’indirizzo di un podcast creato con la piattaforma Spreaker, https://www.spreaker.com/show/5751923/episodes/feed che punta a Feed RSS, ed ecco un indirizzo che punta a un file con estensione .xml creato con la piattaforma RSS.com: https://media.rss.com/provami/feed.xml.
Se fate clic sui due indirizzi che vi ho mostrato il vostro browser non riuscirà ad aprirli con i propri mezzi perché ha bisogno di un’estensione o di un’applicazione che possa interpretare i feed RSS. Infatti il linguaggio con cui sono scritti non è l’html delle pagine WEB, che il vostro browser legge benissimo, dato che è creato proprio questo.
Infatti, nella pagina RAI, manca anche la specifica icona che consente di ricavare l’indirizzo del Feed RSS:

Giovanna non si può abbonare
Questi contenuti audio sono fruibili solo attraverso questo sito tradizionale, contraddicendo così il concetto stesso di podcast. Se Giovanna (la nostra ragazza amante della bicicletta), si volesse abbonare a questi episodi per ascoltarli quando desidera mentre pedala in montagna, senza connessione Internet, non lo potrà fare!
Ovviamente un podcast può avere contemporaneamente una propria pagina WEB ed essere trasmesso via RSS, come mostrano le schermate qui sotto.

La sua esistenza deve però essere possibile a prescindere dalla rappresentazione grafica tramite un sito WEB, ragione per cui il podcasting è nato.
Questi errori dipendono dal fatto che non si conoscono la storia, le origini e le funzioni del podcasting e perciò si confondono i contenuti con gli strumenti e con le tecnologie di distribuzione. Ma, soprattutto, dipendono da uno scontro che avviene dietro le quinte della rete fra due concezioni opposte.
Dobbiamo quindi chiarire queste diverse impostazioni e le loro conseguenze sui nostri comportamenti digitali.
La politica dei social è antitetica alla “filosofia del feed”
Prendete a riferimento Instagram, Facebook, TicToc e Twitter.
Appena vi connettete ricevete un flusso di informazioni che viene chiamato feed. Si tratta veramente di un feed (vedi la scheda alla fine di questo capitolo)?
Assolutamente no. Il flusso che voi ricevete non è sottoscrivibile come il feed RSS di un blog o di un podcast. E dunque non potete neppure ricevere i contenuti su abbonamento e in modo automatico.
Quando navigate in qualsiasi social siete bombardati da informazioni che vi vengono mostrate in una ordinata fila. Avete l’illusione di scegliere i contenuti e di seguire i creatori di vostro interesse. Ma in realtà sono i gestori a determinare le vostre scelte con i loro algoritmi. Sono loro a stabilire che cosa potete visualizzare e, soprattutto, quali ADV (pubblicità) vi dovete sorbire. Questa decisione è presa dai gestori delle piattaforme in base a un attento studio del vostro comportamento in rete.
In secondo luogo nessuna piattaforma, nessun gestore di contenuti commerciali rinuncerà mai alla prerogativa di impedirvi di operare le vostre scelte. Nessun gestore vi consentirà di usufruire liberamente della loro piattaforma. Certo, dovete pur fare delle scelte affinché il gestore possa conoscere i vostri comportamenti, ma egli vi deve al contempo impedire di esercitare una libertà completa a riguardo. Altrimenti come potrebbe sottoporvi i contenuti che sostengono il suo business? Se non lo potesse fare tutto il suo sistema fallirebbe. Anche per questo motivo la definizione che Doc Searls ha dato del podcasting è efficace: Personal Option Digital Casting perchéè qualcosa di frontalmente contrapposta al cosiddetto feed dei social e delle piattaforme di consumo.
Dissipare una confusione
C’è anche un’altra confusione che dobbiamo eliminare. Le applicazioni di questi stessi social, che avete sul vostro smartphone e tablet, e quelli di altre piattaforme, sembra che funzionino esattamente come gli aggregator di blog e podcast, poiché inviano i contenuti direttamente sui vostri dispositivi mobili, come un iPod del 2004.
Be’, non è così per nulla. Queste applicazioni sono create e gestite con lo scopo di farvi conoscere i contenuti scegli dagli algoritmi, cioè dai gestori stessi e non inviano i contenuti scelti da voi liberamente (Personal Option Digital Casting), tramite un feed RSS semplicemente perché non scegliete voi, se non parzialmente, i contenuti da visualizzare. Certo, voi sottoscrivete dei contenuti, selezionate persone da seguire, inserite dei “mi piace” e commentate, scegliete gli hashtag di riferimento, ma tutto questo alimenta gli algoritmi affinché possano restringere il campo dei contenuti da mostrarvi in modo da rendere più facile il vostro consumo e portare in primo piano soprattutto ciò che è in grado di alimentare meglio il business del gestore e dei creator che si avvalgono dei suoi servizi di vendita.
Ragioniamo.
Non puoi fare quello che sarebbe bello tu potessi fare
Entrare in un social, selezionare i contenuti e le categorie di interesse, creare una propria playlist, ricevere push sul proprio dispositivo solo ciò che si desidera, evitando di rientrare nel social, di essere vittima dei suoi algoritmi, o evitando di navigare tra le pagine dei grandi media e dei grandi brand e network, non è qualcosa per la quale Zuckemberg (Facebook, Instagram), Elon Mark (Twitter), Larry Page (Google), possano strapparsi i capelli dalla gioia!
La contraddizione è però evidente. Le tecnologie push, podcasting compreso, aiutano a prolungare la vita dei contenuti, che prima si perdevano dopo una fruizione che sovente avveniva casualmente e localmente (radio). In questo senso il podcasting offre anche il vantaggio di fidelizzare più strettamente le persone alla community del trasmettitore e se questi è un’impresa, un marchio, un professionista, un istituto formativo, ovviamente alimenterà anche il suo business.
Però sul rapporto piuttosto articolato tra podcasting – social media e canali torneremo ampiamente quando tratteremo le caratteristiche specifiche dello statuto radiofonico, e poi anche quando parleremo del podcasting come strumento di fidelizzazione.
Radio e podcasting
L’articolo di Doc Searls si intitolava: Radio fai da te con il Podcasting. Ci chiediamo: perché tirava in ballo la trasmissione radiofonica?
Non è una questione di tecnologia ma di filosofia e di sensi, che comporta una vera e propria rivoluzione.
La virtù principale della radio tradizionale è la sua immediatezza: il fatto che sia in diretta. La virtù principale di questo nuovo tipo di radio è che è nativa della rete. Cioè, è archiviata in modo da poter essere ascoltata a piacimento dall’ascoltatore e (cosa fondamentale) può essere linkata da altri e racchiusa in un feed RSS.
Parliamo dunque di radio.
ALTRE PUNTATE. PARTE 1 | PARTE 2 | PARTE 3 | PARTE 4
ALBERTO PIAN è stato il primo a introdurre il podcasting nelle scuole italiane con Radiotony, dal settembre 2005 in un istituto scolastico (Torino, IIS Bodoni Paravia). Dall’inverno dello stesso anno ha tenuto il primo insegnamento universitario presso il Master di e-Learning dell’Università della Tuscia, condotto per molti anni e all’interno del quale ha creato le tecniche di StorytellinGame. Sul tema del podcasting da diversi anni collabora con il Politecnico di Milano nel Master DOL In ambito di storytelling promuove podcast per brand e professionisti.
MI ABBONO GRATUITAMENTE A YOUR STORYTELLING
www.albertopian.it ©Alberto Pian – scrivimi: arakhne@mac.com | www.albertopian.it
Your Storytelling è un blog indipendente e non sponsorizzato.
Policy
Utilizzerò i tuoi dati solo ed esclusivamente per inviarti di informazioni sulle mie attività culturali e formative e i miei prodotti corsi, pubblicazioni, articoli). Non saranno consegnati a terzi e non saranno gestiti da terzi. Impostazioni policy: https://www.iubenda.com/privacy-policy/46159229 Se non desideri ricevere più informazioni da parte mia, ti puoi disiscrivere utilizzando questo link: https://goo.gl/forms/qiNKdzzVkJTO7tWt1 (ai sensi del GDPR, art. 1 (f) “il trattamento è necessario per il perseguimento del legittimo interesse del titolare del trattamento”). Per disicriversi dalle mie comunicazioni clic qua