Alberto Pian

ARIANNA GIANNINI TOMÀ. GIORNALISTA, SCRITTRICE, PODCASTER

Arianna Giannini Tomà è una giornalista professionista che viene dal giornalismo televisivo. Ha lavorato con Gianni Minoli e ora propone i suoi servizi e inchieste come free lance. Il suo ultimo podcast parla della prima inchiesta di mafia lanciata al Nord “Operazione Betulla. La mafia al nord non esiste“, proprio nel suo paese, Domodossola.
Fra i romanzi che ha scritto citiamo Mania, l’ultimo uscito.
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Arianna a Domodossola, ©albertopian.it

Parla Arianna, giornalista

Qualche anno fa ho avuto la grande opportunità professionale di lavorare nella redazione di Giovanni Minoli per il programma “Faccia a Faccia” su La7. Era la prima volta che approcciavo il mondo televisivo, non avevo aspettative, anche perché ho un mio mantra che recita: “Aspettati l’inaspettato e non avrai sorprese”. 

Il giornalismo televisivo viaggia a mille all’ora: si è sempre attivi, sempre attenti, si ascolta tutto, si legge tutto, ci si confronta, si cercano scoop, dichiarazioni, riunioni di redazione, si cerca negli archivi, indietro nel tempo per capire il perché dell’oggi, fare confronti… a volte si lavora un’intera settimana per preparare un servizio e poi, un giorno prima della messa in onda succede qualcosa che ti costringe a buttare tutto e ricominciare, con un decimo del tempo. Seguendo l’attualità tutto ciò è all’ordine del giorno. Per stare dietro a questi ritmi io sento sia necessario avere davvero quell’amore smodato per il giornalismo, quel qualcosa che ti esplode dentro giorno e notte, quella voglia di sapere sempre tutto quanto. È affascinante, estremamente. È altresì estenuante, certamente.

Si può imparare tanto, dappertutto. 

Ho fatto tesoro di quell’esperienza che mi ha lasciato un bagaglio professionale che di certo non dimenticherò.

Mi affascina moltissimo ascoltare storie e soprattutto scovarle. Quello che ho imparato, negli anni, è che per ogni storia mi piace selezionare il mezzo migliore per raccontarla.

Operazione Betulla aveva bisogno di essere ascoltata, aveva bisogno di tempo, calma e pazienza, per essere scoperta e poi tramandata. La scelta del podcast è stata quasi naturale, credo che il poter solo ascoltare una storia, senza supporto visivo, ci costringa ad entrare ancora più in intimità, andare nel profondo. Operazione Betulla è una storia difficile da mandare giù, ho voluto darle l’importanza che meritava e soprattutto il tempo che meritava. Planare sulla storia, entraci dentro lentamente. Avrei potuto raccontarla in altri modi? Sì. Ma il podcast è stata la mia scelta e ne sono convinta e soddisfatta.

È la prima volta che compaio in prima persona in un lavoro. Ho scritto articoli di giornale e realizzato documentari dove l’io narrante lasciava giustamente spazio alla notizia, alla storia. Fare questo passo è stato più difficile del previsto: metterci la voce, la mia voce, è stato uno degli ostacoli per me più grandi da superare. Come una grande percentuale di gente, credo, ero convinta di non avere una bella voce, mi spaventava il dovermi esporre così quando non pensavo di aver la professionalità adatta per quella parte.

Ester Memeo (Podstar il produttore del podcast) e Arianna mentre lavorano al podcast Operazione Betulla. ©albertopian.it

È stato fondamentale per me avere al mio fianco la produzione, Podstar, e nello specifico Ester Memeo e Antonio Mezzadra che mi hanno accompagnato in questo viaggio, mi hanno fatto capire come utilizzare il mio mezzo, la mia voce, come modularla, come raccontare. È stato complesso, a tratti snervante, ma avevo piena fiducia in loro e mi sono lasciata condurre. Il risultato, al primissimo ascolto, mi ha emozionato fino alle lacrime.

Avere qualcuno che ci supporta e crede in noi è un regalo davvero sorprendente.

Ho ancora molto da imparare ma sono fiduciosa e soprattutto follemente innamorata di questo nuovo mezzo.

Arianna in una pausa dal suo lavoro, ©albertopian.it

Le differenze tra scrivere un racconto, un romanzo e un reportage giornalistico sono abissali, si toccano sfere differenti. Il racconto e il romanzo, per me, rappresentano un mondo immaginifico, la mia realtà parallela dove poter vivere un’altra vita. Spesso uso la scrittura creativa anche come cura, per mettere nero su bianco emozioni, rivivere momenti del passato e a volte riscriverli fingendo che la realtà sia andata diversamente. Il giornalismo invece l’ho sempre approcciato con una sorta di rispetto reverenziale: in questo mondo non c’è spazio per il personale bensì conta, sopra ogni cosa, la verità. La verità a ogni costo.

Prima di realizzare questo podcast, sono stata autrice di tre documentari storici. Quello che mi affascinava, personalmente, era il raccontare storie, intervistare persone, conoscerle, scoprire e tramandare. La parte visiva non mi ha mai colpito con la violenza della scrittura e dell’intervista. Non ha ancora fatto breccia nel mio cuore, magari un giorno nascerà un grande amore anche per il video ma io resto legata alla storia in sé e il podcast mi ha dato l’opportunità di concentrarmi su un unico punto focale. La voce, la mia storia.

Forse un documento video può essere più completo a volte ma non necessariamente, come ho detto prima, secondo me per ogni storia è necessario trovare il media più consono.

Non posso dire se preferisco dedicarmi alla scrittura narrativa, o alla produzione audiovisiva perché sono un essere altamente volubile. Magari oggi mi sento più scrittrice e domani mi alzo sperando di vincere il Pulitzer per il giornalismo. Non è detto che dopodomani mi iscriva a un corso per imparare a diventare una regista. Quando ero più giovane mi spaventava un po’ questo mio eterno oscillare, oggi ho imparato a farci pace, ho capito che fa parte di me, che ho una curiosità innata che mi colora la mente. Sono fatta così, è faticoso ma meraviglioso.

Per poter realizzare “Operazione Betulla” è stato necessario un vero e proprio percorso di inchiesta. L’inchiesta punta a scoprire qualcosa, un qualcosa tenuto spesso sotto traccia perché potrebbe dare fastidio, creare problemi. Occorre metodo, pazienza e professionalità. Il miglior punto di partenza sono sempre gli atti processuali perché raccolgono, nero su bianco, la storia e ci permettono di capire cosa possiamo dire e cosa no, come è andato il processo, che direzione ha preso… scovare testimoni dell’epoca poi è un altro grande passo, importantissimo perché le carte raccontano tutto, è vero, ma in maniera piuttosto asettica. Se vogliamo sentire, provare le emozioni di quello che è successo, è necessario ascoltare la voce di chi l’ha vissuto. Si tratta di un lungo lavoro di ricerca. È necessario anche capire chi sono queste fonti, se sono attendibili, se invece non ci vogliono portare fuori strada… Insomma, per rispondere in maniera esaustiva a questa domanda avrei bisogno di una ventina di pagine 😉

Arianna raccoglie fonti orali per le sue inchieste, ©albertopian.it

Per me la scrittura è un macro cosmo che raccoglie qualsiasi cosa. Con la scrittura possiamo creare tutto, l’unico limite è la nostra fantasia. Come fare a non restarne stregati? 

Il video mi affascina perché mi piace pensare di poter comunicare su due binari diversi ma contemporaneamente. Magari c’è una voce narrante che racconta una storia e con l’immagine possiamo dare la nostra interpretazione di quella storia, comunicare altro ma nello stesso momento. È terribilmente affascinante.

L’audio parla ad un unico senso eppure è in grado di scatenare così tante reazioni dentro di noi: pelle d’oca, lacrime, sogni, speranze, paure… una serie di parole sapientemente legate che riesce a creare un cosmo senza fine. 

L’audio non va mai sottovalutato.

A un giovane che vorrebbe intraprendere una strada di autore (narratore, giornalista, storyteller, ecc.) mi verrebbe da consigliare, prima di tutto, di conoscere la storia che si vuole raccontare. Conoscerla bene, visceralmente, deve diventare quasi un’ossessione, bisogna voler sapere tutto. E poi, un giorno, sarà la storia a dirti in che direzione andare, come vuole essere narrata. Per fare il percorso che ho fatto ho studiato tanto, seguito corsi, ascoltato chi ne sapeva più di me. C’è sempre qualcuno che ne sa più di noi: l’umiltà è una qualità che cerco sempre sempre sempre di tenere a mente.


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