Ho inserito questo articolo nella sezione “Storytelling con la tecnologia”, oltre che nel classico “Storie di Storytelling”, perché, a mio parere, lo storytelling di Massimo rappresenta una combinazione perfetta di umanità e di tecnologia. Per prima cosa però voglio dire che è davvero un piacere lavorare insieme a Massimo per aiutarlo a creare il suo originale storytelling nei suoi canali sociali e WEB. È una di quelle “Storie di Storytelling” che vale la pena raccontare, anche per illustrare il modello genuino, “verace”, che Massimo rappresenta.
Massimo Radassao, @viniradassao
@viniradassao | https://www.instagram.com/viniradassao
Massimo Radassao è un rivenditore di vino sfuso e in bottiglia preferibilmente veneto e piemontese (ma sceglie personalmente anche vini di altre regioni). È un appassionato come ne rimangono pochi e, come dice lui: “Prendere il vino sfuso da me è come andare dal contadino.” In effetti la qualità è eccezionale, vale davvero la pena provare, in via Buenos Aires 6 a Torino, oppure ordinando direttamente attraverso il sito www.vinidarassao.it
Il modello verace
Nel documento di storytelling che avevo preparato dopo i primi colloqui con Massimo scrivevo questo:
“1. Massimo Radassao rappresenta una figura molto forte, di grande personalità, simpatia, energia. È dotato di ironia e di autoironia, ottimo conversatore, è in grado di sostenere brillanti relazioni con tutti. È una persona intraprendente, volta all’azione, che accetta le sfide e i cambiamenti. Coltiva una grande passione per la cucina di cui va anche giustamente fiero. Ama sperimentare in questo campo. Tuttavia niente di questo appare nella comunicazione WEB. Solo parzialmente nei social viene rappresentata la sua passione per la cucina e la convivialità.
2. L’attività imprenditoriale di Massimo coincide con il cognome fin dal marchio e dalla URL WEB. Inoltre, per le caratteristiche esposte al punto precedente, la coincidenza fra persona e impresa è assolutamente imprescindibile.
3. La comunicazione del sito è molto fredda, priva di personalità, stereotipa nell’uso di immagini. In sostanza: è una comunicazione che equipara Radassao a un qualsiasi commercio di vini privo di anima e di personalità. Esteticamente il sito fa una sua figura, ma non rappresenta realmente né l’attività né i valori di Massimo. Non lo contraddistingue come dovrebbe essere.
Come si legge da queste righe, ho pensato subito che Massimo rappresentasse un vero e proprio modello. Non c’era nulla da inventare, sarebbe bastato lavorare per mettere in luce il suo essere vero, umano, verace. Per questo tutta la comunicazione precedente non funzionava, non andava proprio bene, sito WEB compreso, anonimo e freddo. È incredibile constatare quante persone, che lavorano nel campo della comunicazione, del marketing, dei social media, siano prive di una visione, di capacità di uscire dagli schemi e di ascoltare davvero le persone.
A me sono venuti in mente i racconti del Boccaccio e molta letteratura americana delle origini.
Ho voluto rappresentare questo legame anche in modo fotografico. Quelle che mostro qui sotto, sono fotografie concepite proprio per trasmettere il senso pionieristico, verace, delle origini, di Massimo e della sua impresa.
Sono immagini che ricordano altri tempi, trasmettono una certa semplicità e sostanza. Essere prive di colore significa eliminare ciò che è superfluo in un mondo in cui tutti comunicano per creare effetto, per sovrapporsi agli altri. Abbiamo voluto tornare alla semplicità cercando di mostrare l’essenza umana.
Qui sotto altre fotografie illustrano le varie sfaccettature delle qualità e del carattere di Massimo. Per esempio la sua predisposizione all’ironia, al gioco ma anche essere a proprio agio con gli elementi, gli oggetti, di cui si occupa.
Il Decameron, i pionieri americani, l’Italia degli Alinari
È proprio così. Il “modello Radassao” è fondato su quei valori antichi e nobili che ricordano il Decameron del Boccaccio, come l’onestà (ma “imbrogliare gli imbroglioni” era ovviamente ammesso e ironicamente divertente), sui rapporti umani, sul disprezzo dell’egoismo, della vanità e del mero tornaconto personale a danno di altri. Un modello attuale, che rappresenta un mondo che certamente non esiste più a livello globale, ma che oggi ritroviamo a volte in determinati luoghi (anche nella grandi metropoli italiane) e in casi specifici, sparsi sul territorio, come il negozio di Massimo a Torino.
Per le sue qualità umane e la sua gestualità Massimo ricorda i pionieri americani e l’Italia immortalata dagli Alinari. Secondo me Massimo, sia per le modalità che per la struttura della sua attività, riprende proprio questo “spirito degli inizi”, dove sono la perizia e la passione a scegliere il prodotto più adatto per il cliente e non la generica offerta di un mercato globale. E poi lo dovreste conoscere, è un personaggio schietto, sensibile, che ama veramente quello che fa e con cui è piacevole trascorrere il tempo.
Il filo rosso dello storytelling
Così, nel documento che abbiamo discusso e poi messo in pratica, proponevo queste semplici conclusioni:
“In linea di massima bisogna lavorare su tre piani:
1. Mettere in risalto le caratteristiche peculiari di Radassao personaggio e impresa.
2. Centrare su di lui una parte speciale della comunicazione.
3. Mettere in evidenza e riprendere sistematicamente nella comunicazione i valori di Radassao.”
Su questa base abbiamo ridisegnato tutta la vecchia comunicazione del sito, abbiamo sviluppato anche una diversa comunicazione Facebook e poi abbiamo aperto un profilo Instagram adeguato e “pulito”. Penso sia importante capire che la verità paga sempre lo storytelling. Quali sono le storie migliori se non quelle “vere”, per le quali si intuisce che ciò che viene raccontato rappresenta una verità evidente, attraente e stimolante?
Perciò, per la comunicazione del sito abbiamo deciso di cambiare radicalmente scena. Questo è l’inizio del discorso:
“La proposta dei vini scelti da Massimo Radassao, esprime tutta la freschezza, l’intelligenza, la passione e l’onestà delle “origini”. Entrare nel suo negozio e parlare direttamente con Massimo, sembra di rivivere quel commercio attivo che partiva dalle botteghe e che veniva descritto dal Boccaccio nei suoi numerosi racconti. Un’epoca d’oro che darà ricchezza e splendore all’Italia per oltre quattro secoli.”
La verità fa la storia, perciò sono le persone a rendere belle le storie
Non c’è un briciolo di marketing, cioè di falsità in questo inizio che fonderà tutto lo storytelling di Massimo. C’è solo la verità. La questione in fondo è molto semplice e può essere riassunta in questo modo:
Tradotto per Massimo significa che se conosci Massimo abbandoni i tuoi pregiudizi e gli chiedi semplicemente che cosa ti propone perché le sue scelte sono sicuramente perfette, in ogni caso sono da conoscere, perché sono le SUE scelte, veraci e uniche, che non possono non sollecitarti e non possono non aprire nuove porte al gusto.
Ovvio, avrai i tuoi di gusti. Forse preferisci il bianco al rosso, o le bollicine, o un veneto a un toscano o un produttore delle Langhe. Tutto quello che vuoi. Ma, quali che siano le tue scelte e i tuoi gusti, entri in contatto con le scelte, i gusti, il lavoro di Massimo e quindi nasce un dialogo, un rapporto che non è un rapporto formale, da sommelier, da “esperto” o, peggio da saccente stellato. Siete alla pari e alla pari si ragiona. I gusti particolari non possono che essere esaltati da questa relazione.
È questo lo storytelling a cui ho amato lavorare con Massimo. E non importa fare confronti tra grandi aziende multinazionali, come Apple, con cui ho collaborato e piccoli esercenti, perché ciò che appassiona è proprio l’umanità che puoi ritrovare nelle grandi o nelle piccole imprese.
Così il sito si apre semplicemente con alcune foto in bianco nero, naturali ed evidenti, potenti allo stesso tempo, che rappresentano il cuore di questo filo rosso che poi verrà raccontato in vari modi, sia nel sito di e-commerce, che nei social e, infine, in Instagram e TikTok.
Il nuovo Instagram
Instagram è il luogo perfetto per creare un profilo “pulito” e coerente che possa rappresentare fin dal suo feed le diverse sfaccettature delle qualità e del carattere di Massimo e, dunque, dei prodotti che propone. Per questo il filo rosso dello storytelling prosegue in Instagram con video personali, ricette, giochi, post vari e curiosi che non sono concepiti per attirare l’attenzione, ma per esprimere ciò che Massimo e il suo esercizio rappresentano e quindi (proprio perché si parte da un principio sano), attirano l’attenzione.
Vediamo l’immagine del profilo appena aperto come si presenta.
Ricette di ispirazione
Le tre immagini qui sotto mostrano come è presentata una ricetta. Niente di istituzionale e formale. Nessun richiamo ai codici tipici della comunicazione gastronomica. Anche il nome della ricetta è oggetto di gioco e di scoperta, alcune notizie sono preponderanti rispetto all’esecuzione, mentre alcune immagini di repertorio mostrano una certa bellezza legata a ciò che la ricetta può ispirare.
Questa rappresentazione è coerente con il filo rosso narrativo perchè parla della ricetta come di un insieme di sensazioni, di emozioni, di storie, di elementi che ispirano, prima di arrivare alla meccanica della sua composizione. La ricetta è vera, ovviamente, è il frutto dell’esperienza di Massimo che si presenta, nell’immagine di copertina, come uno Chef. Tanti anni di esperienza, di passione, di professione, rendono Massimo un maestro nei fatti, senza bisogno di titoli speciali.
Si può obiettare: “Egli però non gestisce un luogo di ristorazione, ma una vendita di vino.”
Certo, cari amici, ma se non siete incalliti ubriaconi, vi chiedo: quando bevete il vino se non durante i pasti, accompagnato a qualche pietanza?
Quello che voglio dire è che il mondo di Massimo è molto più vasto e universale del solo vino. E, di nuovo, emerge la legge dello storytelling che ho elaborato nel tempo e che sono felice di applicare ogni qualvolta sia possibile:
Se alle spalle di ciò che si vede nel prodotto, esiste un mondo così vasto e universale, pieno di poesia, può forse essere diverso il microcosmo legato a quel singolo prodotto (in questo caso il vino)? Dunque, perché limitarsi a quel microcosmo e non partire dall’universo stesso?
Widget e giochi
Ma il filo rosso non si ferma qui perché quel mondo è davvero vasto.
Non avevamo forse parlato dell’ironia e del gioco di cui Massimo è veicolo nel suo stesso lavoro? E allora perché non rappresentarlo in un modo che non sia ingombrante, ma sufficiente per percepire la leggerezza che il vino stesso esprime all’intero di un pasto? Lo facciamo in modo semplice, senza retorica, con dei giochi testuali anche surreali e un po’ dadaisti e widget interattivi.
Qui sotto trovate alcuni link che conducono a giochi perfettamente funzionanti creati appositamente per il profilo Instagram di Massimo.
Più avanti trovate alcuni giochi testuali, anch’essi creati appositamente per il profilo di Massimo. Non si può prendere un gioco e inserirlo semplicemente in un profilo se questo è governato da una storia. Bisogna che il gioco, la battuta, il divertissement, sia creato appositamente per lo scopo.
Ovviamente ci sono battute e giochi che possono piacere ad alcuni, ad altri meno, esattamente come il vino. È tutto buono, ma ognuno farà le sue scelte. Per questo si deve parlare a tutti globalmente e a qualcuno nello specifico.
Qualche link per giocare
- Il Puzzle della Vigna
- Gioco di abbinamento vino e temperature
- Crucimax sul vino
- Memory degli animali, per i più piccoli
- Le parole della degustazione
- Coppie da spiaggia
Esempi storielle e giochi di testo
PER RIDERE: CUOCHI EDUCATI
È nota l’educazione e la gentilezza dei grandi Chef. Due Chef stellati, finiti in carcere per sofisticazione alimentare, devono dividere la stessa cella. Il primo, piú giovane, propone al piú anziano: “Dormi pure tu sotto.”
“Grazie” – risponde l’altro – “sei gentile, ma facciamo le cose per bene. Quanti anni devi scontare?”
“Cinque” risponde quello piú giovane.
“Io sette. Perció… dormi tu sotto che uscirai per primo!”
CHE COSA SAI? TROVA I SEI “PIATTI” NASCOSTI
Dopo aver soppressato tutti i cartocci il grande Chef Carnevalecciolo è stato posto gli arrosti domiciliari per essere sofisticato. La finanziera lo ha eccessivamente strapazzato fino a farlo decantare, e alla fine lo chef stellato ha esclamato “Tirami su!”
SOLUZIONE: Dopo aver soppressato tutti i cartocci il grande Chef Carnevalecciolo è stato posto gli arrosti domiciliari per essere sofisticato. La finanziera lo ha eccessivamente strapazzato fino a farlo decantare, e alla fine lo chef stellato ha esclamato “Tirami su!”
AGUZZA LA VISTA: TROVA LE 27 PAROLE TRATTE DAL VOCABOLARIO DELLA CUCINA
L’avocado di Carnevalecciolo, agli arrosti domiciliari, si è rivoltato all’associazione dei parmigiani di giustizia: “Mango morti ci mantecheremo di questo trattamento: una vera scottatura di vasta portata. Lavoreremo sodo per il pizzico necessario di giustizia! Il mio assistito non si abbacchia e vuole trinciare la questione con le puntine sulle i e senza infiammare ulteriormente le animelle fin troppo affumicate. Siamo stufati di essere sulla graticola, ma non vogliamo marinare la prossima udienza. Faremo precipitare questa macedonia di accuse legumi tra loro in un’amalgama molto insipida. Il cartoccio di ricorso sarà depositato domani all’aurora.
LE 27 PAROLE: avocado, arrosti, rivoltato, parmigiani, mangp, mantecheremo, trattamento, scottatura, portata, sodo, pizzico, abbacchia, trinciare, puntine, infiammare, animelle, affumicate, stufati, graticola, marinare, precipitare, macedonia, legumi, amalgama, insipida, cartoccio, depositato, aurora.
Cose curiose come il vino di Tutankamon
In occasione dell’apertura del nuovo profilo Instagram, sempre seguendo un filo rosso che unisse qualità, professionalità, storia, gioco, passione, simpatia, abbiamo proposto di omaggiare coloro che da Facebook seguiranno il profilo Instagram @viniradassao con una bottiglia storica, limited edition e dalla curiosissima origine, come il Shedeh, un vino egiziano ricreato sulla base dei resti di un vino millenario ritrovato in alcune anfore all’interno della tomba di Tutankamon.
Ecco, questa è una proposta di marketing, che però si inserisce in un contesto allo stesso tempo culturale, storico e anche molto curioso, fuzzy, se si può dire. In fondo ci possiamo chiedere tutti come potrebbe mai essere un vino di 2000 anni fa, seppur ricreato oggi. Magari lo assaggiamo, ringraziamo dell’omaggio e poi torniamo ai più sicuri vini veneti e piemontesi? Chissà…
Però è arrivato il momento di parlare di cultura…
La Letteratura e il Vino
Ho lasciato in fondo la parte decisamente più culturale del filo rosso che abbiamo elaborato, proprio perché non deve avere l’importanza che normalmente viene assegnata a questo tipo di contenuti.
Non era Rodomonte usato al vino,
perché la legge sua lo vieta e danna:
e poi che lo gustò, liquor divino
gli par, miglior che ‘l nettare o la manna;
e riprendendo il rito saracino,
gran tazze e pieni fiaschi ne tracanna.
Fece il buon vino, ch’andò spesso intorno,
girare il capo a tutti come un torno.
(Ludovico Ariosto, Reggio Emilia 1474 Ferrara 1533, L’Orlando Furioso, Canto XXIX, 1516 – 1532).A suo cugino Annibale Malaguzzi Ariosto scriveva (1518), di non essere interessato a onori e fama e di aver perciò rifiutato una proposta di lavoro all’estero – per quell’epoca eccezionale – per non dover abbandonare la sua passione di scrittore e il suo ambiente. “Anche se nelle mie pentole non ci saranno altro che rape, seguirò solo i miei interessi, spiegava il poeta” aver in sostena detto. Ma intanto, forse proprio perché assillato dalla povertà, Ariosto ha saputo meglio apprezzare un vino in grado di convertire anche il pagano saraceno Rodomonte!
Un Barbera delle Langhe di Cravanzola può convertire chiunque. Vieni a provarlo da me!
E per TikTok c’è il dottor Etilic!
Per TikTok abbiamo realizzato una sorpresa. Il personaggio il “dottor. Etilic”. Un taglio diverso ma sempre nello spirito di quel filo rosso genuino, storico, verace… rivolto a un pubblico che ama divertirsi con contenuti un po’… sui generis!
Segui il dottor Etilici in TikTok: www.tiktok.com/@viniradassao
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