Alberto Pian

STORYTELLER E PONTIFICATORI: MANIPOLARE IL PUBBLICO CON LE PAROLE


Applichiamo la lezione di Lenny Bruce a un testo di Gramellini sulla questione Sinner – Presidente della Repubblica. Per un “altro” storytelling.

Riferimenti utili

Dal 1998…

C’è un giornalista che ogni giorno e anche più volte al giorno, in giornali e TV esprime le sue opinioni e i propri giudizi praticamente su qualsiasi argomento. Ogni volta offre lezioni di morale, comportamento, politica, educazione, sport, tempo libero, rapporti famigliari, ecc. ecc.. Ecc.
Una quindicina di anni fa avevo cominciato a raccogliere testi e informazioni e a scrivere analisi sulle sue posizioni in vista di un libro che avrei intitolato in qualche modo divertente e sicuramente sarcastico.
Massimo Gramellini, che è stato anche corrispondente di guerra (nella ex Jugoslavia) e giornalista sportivo, insegna anche “Informazione e Storytelling” nel master della IULM “Arti del racconto”.

Uno degli aspetti principali della cultura di massa in questa epoca di decadenza del capitalismo, è che ritiene che le persone debbano essere guidate, indirizzate, prese per mano in chiave paternalistica.

Qualcuno deve pensare al posto di qualcun altro

È questa la funzione dei commentatori, dei massmediologi, degli opinionisti, dei giornalisti dei grandi network. Pensate solo al fatto che qualcuno possa svolgere queste professioni: non è assurdo che ci siano soggetti preposti alla funzione di pensare al posto di qualcun altro? In realtà la cosa è normale perché il capitalismo – il cui scopo è produrre capitali e cercare profitto, come indica il nome stesso – deve sempre ricondurre, anche da un punto di vista ideologico e culturale, le persone entro certi binari che garantiscono il business. Questi binari non possono che essere istituzionali, cioè non devono sovvertire l’ordine stabilito e perciò devono insegnare alle masse che cosa pensare e come comportarsi. Questo addomesticamento viene incarnato da queste figure specializzate nel fornire giudizi e commenti anche come fenomeni di distrazione dai reali problemi di cui la popolazione soffre.
Ovviamente queste “opinioni” possono essere le più varie possibili e anche le più distanti fra loro tra i diversi “opinionisti”. Ma non si tratta di veri dibattiti o conflitti. Semplicemente, si tratta di far finta che esista davvero una libertà di opinione. In realtà queste opinioni non devono mai superare limiti precisi. Quello principale è che qualsiasi cosa si dica e si faccia deve rimanere nel quando del sistema capitalista e delle istituzioni che lo rappresentano.


A mio parere Gramellini è uno dei migliori rappresentanti di questa tendenza


Di solito diciamo che chi pontifica su qualsiasi cosa spargendo lezioni di morale si “mette al posto di Dio”. Non è completamente esatto. Dio non ha fatto della morale quando ha creato il Creato, anzi, sembra che abbia dotato l’uomo di libero arbitrio. Ma accettiamo pure questa semplificazione e analizziamo il commento di Gramellini sull’impossibilità di Sinner di partecipare all’incontro con il Presidente della Repubblica.

"Ma se le condizioni di Sinner sono tali da sconsigliare persino una corvée di breve durata - un volo di due ore, quattro fotografie e una stretta di mano con Mattarella - significa che la situazione è davvero preoccupante. Preferiamo pensare a un’altra ipotesi: che qualcuno lo abbia consigliato male. "


Un moralista “Dio” di solito non indaga sulle cause, non pone domande, ma fornisce interpretazioni e indicazioni. Questo “preferiamo pensare” con il pronome sottointeso “noi” è indirizzato al lettore: io e te lettore, dobbiamo preferire di pensare quello che adesso ti dico. Umberto Eco insegnava a usare il “noi” fin da quando aveva scritto “Come si scrive una tesi di laurea”. Lezione imparata.
Poi Gramellini scrive che Sinner non è andato all’incontro con il Presidente della Repubblica e questo:

"Sembra uno sgarbo, anche se non vuol esserlo. Uno sgarbo, oltretutto, a un presidente che ama lo sport: chi non lo ricorda alle Olimpiadi, in giacchetta sotto il diluvio?"


Notate che i verbi dubitativi diventano certezze grazie a un certo uso della retorica. La principale regola consiste nell’accennare dapprima a un dubbio, ma poi, dopo un punto, in una nuova frase che comincia con una nuova reggente, continua il discorso come se quel dubbio fosse diventato una certezza. Per rafforzare questa trasformazione il lettore viene coinvolto (e distratto allo stesso tempo), da finti pietismi – sentimentalismi (“oltretutto, a un presidente che ama lo sport: chi non lo ricorda alle Olimpiadi”… ecc.). Naturalmente nessuno può dire con esattezza se, nella veste in cui si trova, il Presidente della Repubblica, come uomo, ami lo Sport, oppure assolva al suo ruolo istituzionale utilizzando lo Sport.

I pontificatori normalmente non si pongono queste domande. Insinuano dei dubbi nel pubblico che poi trasformano in certezze senza argomentazioni logiche e senza prove.


I pontificatori manipolano il pubblico


Gramellini continua:

"Disertando l’evento, il nostro fenomeno rischia di mandare il segnale che la sua squadra si esaurisca in sé stesso. Il che probabilmente è vero per ogni campione. Ma nella sinfonia di Sinner, che un po’ tutti abbiamo contribuito a suonare, appare come una nota stonata."

Come vedete Sinner, a questo punto, è diventato un “fenomeno“.

Fenomeno ha una semantica ambigua. Gramellini poteva evitare di aggettivare, invece lo fa. Perché? Questa è la domanda chiave.

Fenomeno può essere utilizzato anche in senso dispregiativo e sarcastico: “Che fenomeno sei, hai visto che cos’hai combinato?“. L’ambiguità di questo termine indica forse il passaggio a una forma definitiva di giudizio? Lascio a voi la sentenza.

Certo è che quando Gramellini dice che si tratta di un “segnale” (questo, invece, è un termine chiaro e preciso), “che la sua squadra si esaurisca in sé stesso”, il pubblico percepisce che stiamo parlando di “narcisismo”. Gramellini non nomina esplicitamente questo termine, forse anche per evitare problemi, ma se introduce il sospetto che tutta una squadra si riduca a un solo soggetto non significa forse che questo soggetto la ingloba narcisisticamente? Cioè che il suo ego domina sulla squadra? E poi conclude il ragionamento così:

“Il che probabilmente è vero…” ecc.

L’avverbio è collocato a arte. “Probabilmente” in questo caso non indica un’ipotesi ma una certezza, una verità. È un finto dubbio. Che cosa dobbiamo pensare? Che la scelta di Sinner sia egoista e narcisista, sbagliata? Il compito del pontificatore è indirizzare e guidare le masse sulla base di certezze. Abbiamo certezze in questo discorso? Direi di si. Queste certezze sono state abilmente costruite utilizzando le possibilità manipolatorie del linguaggio, come mostra la conclusione:

"Ma nella sinfonia di Sinner, che un po’ tutti abbiamo contribuito a suonare, appare come una nota stonata."

Per fortuna Sinner non è giudicato in modo definitivo. Ma il giudizio c’è, perché nel suo comportamento abbiamo “una nota stonata”, un errore, uno sbaglio.
Ecco quindi il giudizio finale: Sinner ha stonato.
Tutto il discorso, linguisticamente e logicamente parlando, è stato costruito per arrivare a questa conclusione: Sinner ha commesso un errore.

Se fin dall’inizio Gramellini avesse detto che Sinner avrebbe commesso un errore, allora il discorso sarebbe dovuto continuare con la dimostrazione, basata su fonti e fatti, di questo errore. Invece il pubblico viene guidato semplicemente introducendo dei dubbi che sono trasformati – accompagnati da certezze, fino alla stoccata finale e tutto senza bisogno di prove, di testimonianze, di fatti, solo in forza di retorica. In effetti Gramellini formula ipotesi in modo che risuonino come certezze:

"Preferiamo pensare a un’altra ipotesi: che qualcuno lo abbia consigliato male."

Sempre legittimo formulare ipotesi, ma in questo caso su quali dati è basata l’ipotesi che sia stato consigliato male? Su nessun dato. Gramellini non riporta alcun fatto e nessuna testimonianza. Tuttavia questa ipotesi mostra in modo chiaro un giudizio preciso e cioè che Sinner è stato consigliato “male”. Male è un giudizio espresso senza la certezza che il fatto (che Sinner sia stato consigliato male), sia avvenuto davvero. Ma è una ipotesi di Gramellini e questo deve essere sufficiente anche per il lettore. “Ipsi dixit”, è il principio medievale di autorità aristotelica (se lo ha scritto Aristotele è giusto).

Un pontificatore non prende mai in considerazione domande che indeboliscono ciò che vuole affermare e neppure ipotesi alternative

Fra le ipotesi alternative prima di tutto c’è quanto Sinner stesso ha dichiarato, cioè che era troppo stressato e che doveva “rispettare” il suo “corpo”.

Si tratta di un principio importante, che ha anche uno scopo educativo nei confronti delle nuove generazioni. Impariamo a rispettare il corpo. Che lo imparino anche i lavoratori e i datori di lavoro.

Per esempio: contratti a termine, sottopagati e deregolamentati, sono un bene per il corpo di chi lavora? Per i rider, gli insegnanti, i cassieri di un supermercato, per impiegati e operai? Perché non si prende in considerazione un aspetto così importante del capitalismo come lo sfruttamento della manodopera? Non sarebbe stato interessante e di aiuto a milioni di lavoratori, scrivere un bel pezzo che dicesse: “Bravo Sinner, rispettiamo il corpo”. Rispettiamo il corpo nei luoghi di lavoro, in famiglia, nella società, per esempio ripudiando le guerre che il corpo lo fanno fuori. È meglio rispettare il corpo fornendo alla popolazione delle indicazioni per giuste e chiare rivendicazioni oppure stringere la mano a un capo di Stato?


Ci sono anche altre ipotesi da seguire

Per esempio: un Presidente della Repubblica che ama tanto lo Sport ha chiesto agli atleti quali fossero le loro condizioni?

Ha concordato con loro una data plausibile? Ma si potrebbe anche chiedere perché non sia andato direttamente in Australia, oppure in Trentino o a Milano per incontrare gli atleti che ama.

Si sarebbero potute indagare anche altre piste che avrebbero risposto ad altre domande, per esempio: “Perché questo incontro? Per motivi di propaganda? Quali? A causa di pressioni da parte degli attori del business del tennis o sportivo in genere? Sono domande legittime dato che viviamo in una società il cui scopo è realizzare profitti e accumulare capitali.
Invece nel suo articolo Gramellini non cerca altre piste. Eppure perfino i film polizieschi americani costruiscono trame avvincenti proprio sul fatto che la Polizia è colpevole di non seguire altre ipotesi. Tutti gli storyteller lo sanno – e specialmente quelli che lo insegnano – magari perché hanno visto l’ultimo film di Clint Eastwood.

Il problema è che il Presidente della Repubblica rappresenta le istituzioni, la nazione stessa

Non c’è nulla di più istituzionale di questa istituzione che rappresenta lo Stato nel suo complesso. Non abbiamo forse detto che nel quadro della cultura di massa si può scrivere e dire qualsiasi cosa, tranne rimettere in causa le istituzioni di questa società e la società nel suo complesso? Ovviamente i guardiani censori sono molto attenti a fare in modo che questi limiti vengano osservati. Così la mancata partecipazione di Sinner all’incontro con il Presidente della Repubblica, potrebbe tranquillamente essere percepita come un ridimensionamento di queste istituzioni fra il pubblico. Tra l’altro sarebbe perfettamente legittimo non riconoscersi in queste figure, dato che sono elette da forze politiche. Il nostro attuale Presidente, per esempio, proviene dalle fila del vecchio partito democristiano, quello sciolto fra scandali di corruzione e storie di mafia.

Queste istituzioni si sentono così deboli e fragili di fronte alla popolazione, da tremare per un mancato incontro con un campione del tennis?

Io sono per uno storytelling che non manipola le parole e i discorsi, che crea (ogni storia è invenzione), ma che non “ciurla nel manico”, come si dice dalle mie parti. E poi informare, raccontare e ragionare sono tre cose molto diverse tra loro. Informare vuol dire esprimere e raccontare fatti, raccontare significa costruire una narrazione che non necessariamente attiene a fatti e comunque non ha lo scopo di informare, mentre ragionare significa vagliare ipotesi, documenti orali, scritti, visivi in un discorso logico.


Secondo me il testo di Gramellini che abbiamo analizzato non ricade in nessuno di questi casi. E, comunque, non è certo il modo che sceglierei per svolgere il mio lavoro di storyteller e analista.

Anzi mi chiedo:

davvero le persone hanno ancora bisogno di orientatori, di pensatori che pensano al loro posto per costringerle a rimanere buone buone in un quadro istituzionale? Per evitare che applichino il proprio senso critico e la loro indipendenza di giudizio?


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