Alberto Pian

Alberto Pian

IL PRINCIPIO DI ANTROPOMORFIZZAZIONE NELLO STORYTELLING

Perchè una storia i cui protagonisti non siano soggetti umani è letteralmente inconcepibile?

Il concetto di antropomorfizzazione

Tempo fa ho visto questo cartellone pubblicitario in un aeroporto. È centrato su questo slogan:

“Da sempre investiamo sulla tecnologia più evoluta che esista: l’uomo”.

Dietro il volto anonimo di una ragazza appare un robot.

Un grande cartellone pubblicitario di una azienda finanziaria.

Naturalmente questo non è storytelling perché non viene raccontata una storia. È un comunissimo manifesto pubblicitario. Tuttavia, se da questo manifesto si dovesse ricavare una storia, questa storia non sarebbe concepibile, poiché il messaggio sulla quale si dovrebbe fondare non sarebbe comprensibile da un soggetto umano.

Sorpresi? Forse si. Dobbiamo parlare del concetto di antropomorfizzazione nello storytelling.

Intanto rispondiamo a questa domanda: che cosa ci dice questo messaggio?

Nei fatti ci dice che l’uomo (nella fattispecie una donna), viene considerato una pura tecnologia (“la tecnologia più evoluta che esista è l’uomo) Va bene, direte voi, ma che cosa c’è di sbagliato?

Lo sbaglio consiste nel contraddire il principale assioma della narrazione:

Il principale assioma della narrazione

Le persone si identificano solo ed esclusivamente con altre persone e perciò non seguono storie che non siano centrate su soggetti umani.

Le persone non si identificano mai con robot, minerali, automobili e macchinette per il caffè espresso. Le persone si identificano con altre persone perché esprimono dei sentimenti e delle emozioni che tutti i soggetti condividono e che appartengono alla loro esperienza comune.

Perciò, una storia i cui protagonisti non siano soggetti umani è, letteralmente, inconcepibile.

Certo, voi mi dite che esiste una quantità incredibile di storie che non si basano su esseri umani. Dalle fiabe di Esopo a 1984 di Orwell, passando per Cars, Dan Fogelman, Pixar-Disney, 2006 e a tanti altri titoli, la storia umana è ricca di racconti i cui protagonisti sono addirittura cose!

Avete perfettamente ragione!

Ma i personaggi di tutte queste storie, indistintamente, sono solo delle maschere che rappresentano l’uomo e la sua umanità. O, se preferite, sono oggetti antropomorfizzati. A oggetti, animali e vegetali sono attribuite caratteristiche umane. Solo attraverso questo meccanismo di antropomorfizzazione l’uomo si può identificare a un oggetto e seguire storie che, apparentemente, non lo rappresentano.

Sketchnote di Genny Boscardin, disegnato per Alberto Pian, vieta la riproduzione l’utilizzo non autorizzato.

Le storie “umanizzano” e raccontano valori

Dunque, il processo di umanizzazione è la chiave di volta di molte storie e rappresenta un passaggio univoco e preciso:

dal non umano -> all’umano

Ora penso che abbiate notato che quel cartellone suggerisce un processo inverso:

dall’umano -> al non umano

L’esperienza e la qualità umane sono ridotte a una tecnologia. Un uomo è trasformato in robot, quella ragazza è dunque una macchina.

È vero che nel linguaggio comune possiamo usare espressioni come “l’uomo è una macchina perfetta”, “che tecnologia incredibile quella umana!” e tante altre del genere. Ma si tratta di frasi convenzionali fra parlanti, non di principi sui quali costruire una struttura narrativa!

I principi della narrazione non prevedono in nessun caso lo scadimento della natura umana al livello di un oggetto privo di vita ma, piuttosto, esattamente il contrario. Tutti i valori umani partono dall’elevazione dell’uomo, non dal suo degrado. Contro la schiavitù: “gli uomini non sono animali”; a favore delle donne: “le donne non sono oggetti”; contro lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo: “non siamo schiavi”… Le aspirazioni dell’umanità vanno nel senso di migliorare le condizioni esistenti e si fondano sul miglioramento della propria condizione, non sul suo decadimento e sul loro peggioramento.

Quale uomo aspira a diventare una macchina? Anche se molte persone purtroppo (e per fortuna, sotto un altro aspetto), vivono grazie a organi artificiali, meccanici, tecnologici, bionici, essi non sono una tecnologia, ma esseri umani che non accetterebbero mai di essere trasformati in un computer.

Curioso miglioramento sociale quello che tende a elevare la tecnologia a umano e l’umano a scadere nella tecnologia, non trovate?

Dal nostro punto di vista, invece, una storia che auspica la perdita di umanità diventa un’antistoria, un disvalore.

Questo esempio, più chiaro di molte parole, ci aiuta a capire che lo storytelling è qualcosa che non può essere ridotto alla semplicità di uno slogan pubblicitario, o a combinazioni di carte da gioco, meccanismi di Propp, “viaggio dell’eroe” e altri “trucchi da quattro soldi” (Raymond Carver), con cui si confezionano i (brutti e scontati) prodotti della cultura di massa, perché ha che fare con soggetti umani, con i loro sentimenti, con le loro emozioni e con i loro valori.


 

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