Alberto Pian

Alberto Pian

PRODUZIONE E MOVIMENTO ESTERNO – INTERNO NELLA FOTOGRAFIA DI FOOD

Abbiamo affrontato il tema morte – vita nel food (con riferimenti alla foto di prodotto) nel saggio: “Morte e Vita nella fotografia di prodotto (food)“. Adesso esaminiamo la questione dal punto di vista della produzione e del movimento in esterno e in interno. Il movimento è ciò che rende possibile la vita. La narrazione stessa è un concentrato di movimento, che implica il cambiamento e perfino il conflitto. Tuttavia quando si parla di produzione, nello storytelling si pensa subito al prodotto, normalmente statico e privo di movimento, che quindi tende verso la morte.

Nella staticità non c’è movimento, non c’è vita

Nella staticità e nell’assenza di cambiamento non c’è alcuno sviluppo. Qualsiasi prodotto giunge alla fine di un movimento di produzione per assumere una dimensione statica. La vita alla fine del movimento corrisponde alla morte.

movimento = vita
statiticità = morte
produzione = movimento
prodotto = staticità

Che cosa rappresenta l’immagine di copertina?

Osservate l’immagine di copertina. Non sembra avere nulla a che vedere con la produzione di cibo, con la ristorazione. E invece ho scattato questa fotografia in uno dei più belli e originali locali italiani, dove gli aperitivi vengono serviti al tramonto, sulle cupole bianche dei dammusi, a un numero limitato di clienti.

Presa in sè questa foto non ci dice nulla di ciò che ho appena spiegato. Le fotografie non racontano niente, mostrano solo ciò che si vede e, in questo caso, non si vede alcun elemento legato alla ristorazione.

© Alberto Pian

Sono le persone a rendere vitale l’ambiente

Come la precedente questa fotografia è scattata nello stesso luogo all’ingresso del locale e non mostra alcun legame con il food.

© Alberto Pian

Anche questa fotografia è priva di legami con il servizio di ristorazione, pur mostrando un uomo che sale su una delle cupole del locale voi non potete sapere che cosa sta facendo, né dove si trova.

© Alberto Pian

In questa, pur essendo chiaro che le persone si trovano sulle cupole, non lo è il fatto che si tratti di un locale di ristorazione.

Perchè ritengo che queste fotografie siano così importanti nel quadro di uno storytelling fotografico di food, anche se non rappresentano il prodotto? Provate a rispondere voi stessi…

Fatto? Si, è così: perché rappresentano dinamismo e movimento, cioè vita e vitalità.

Questo movimento è inserito in una composizione nella quale dominano linee e curve in modo armonico ma anche deciso e ben delineato. Abbiamo movimento e vita in più direzioni. Nella seconda fotografia lo sguardo delle due ragazze è straordinario, abbiamo anche un impatto emotivo significativo.

Ecco la regola aurea, che io, personalmente, tengo sempre a mente:

il movimento e la vitalità di un contesto e delle persone che lo popolano sono sempre associati alla percezione delle qualità del prodotto e le rafforzano.

Detto in altri termini: se il prodotto è statico e morto, come un qualsiasi piatto, il movimento e la vita dell’ambiente che raccontiamo vengono associati, dal punto di vista visivo e psicologico, ai prodotti serviti dal locale, che ne beneficiano.

Se poi la fotografia del piatto offre anche una bella composizione, una certa dinamicità e una cromaticità adeguata, con colori che ispirano e riflettono l’armonia della Natura, allora si ottengono ulteriori risultati, che tendono a rafforzare la drammaticità e la purezza di una storia. Drammaticità non nel senso di tragedia, ma di tensione dinamica e di spessore del racconto.

Tagliatelle al cioccolato e gamberetti in uno dei locali più originali al mondo, dove l’aperitivo viene servito sulle cupole bianche al tramonto. © Alberto Pian

Il racconto fotografico può così prendere senso poiché il senso è determinato dal legame fra le diverse fotografie (ed eventuali testi, post, ecc.).

Movimenti e dinamismi all’esterno di un locale tradizionale

Abbiamo brevemente visto l’importanza di un elemento come il movimento fotografando un punto di vista esterno al locale. Ci siamo riferiti al movimento delle persone e delle situazioni che si creano fuori o intorno agli ambienti specifici di produzione e di consumo. Lo abbiamolo fatto utilizzando l’esperienza, particolarmente significativa, di un locale del tutto speciale, che ho raccontato anche attraverso forme e composizioni particolari.

Ma che cosa succede quando ci troviamo in contesti, diciamo così più… “tradizionali“, privi di cupole e di ambienti estremamente suggestivi? Sarà possibile creare storie fotografiche analoghe e di spessore?

Certo, e la risposta è data da alcune fotografie che vi mostro qui sotto.

Questo sguardo unico, all’ingresso di una pizzeria gourmet, insieme alla dinamicità di quello opposto, mi ha fatto decidere di scattare questa fotografia. © Alberto Pian
Una conversazione che mostra posizioni dinamiche e contrasti a partire dagli sguardi, dai sorrisi e dalle linee degli occhi è un altro punto di vista dinamico che sostiene la qualità del prodotto. © Alberto Pian
Un ingresso molto dinamico determinato dalla posizione del soggetto a sinistra, e della linea curva che si sviluppa in prospettiva da sinistra a destra mostra dinamicità e movimento all”ingresso di un ristorante. © Alberto Pian
Una cliente si affaccia piena di entusiasmo in una delle più premiate gelaterie artigianali italiane. © Alberto Pian
Un’altra cliente entra sorridendo nella stessa gelateria artigianale. @ Alberto Pian

Le fotografie che vi ho appena mostrano sono di una importanza vitale nello storytelling di food.

Per quale motivo? Perchè è sempre l’essere umano a trasmettere dei sentimenti e delle emozioni, non sono mai gli oggetti, i prodotti. Se un oggetto o un prodotto vi emoziona è perchè proiettate qualcosa di voi in quel prodotto. Dovete inserire dell’umano in un oggetto morto come un piatto, affinché il piatto vi parli. Solo un essere umano può dare un senso umano a un prodotto.

Delle persone serene, delle persone che parlano, degli esseri umani che si muovono in modo armonioso e aggraziato, persone che mostrano felicità e gioia e che fanno tutto questo in modo naturale, fotografate in modo semplice, in real time, sono più importanti della fotografia di qualsiasi piatto still life per trasmettere emozioni e sentimenti al pubblico.

Per quanto possano essere immagini straordinarie e bellissime, un insieme di fotografie di piatti assomiglia più a un catalogo che a un insieme di sentimenti e di emozioni umane.

Eppure qualsiasi ristoratore e qualsiasi fotografo compulsivo di cibo in Instagram vi dirà che la cosa più importante, da mostrare al pubblico è il prodotto e non il rapporto che le persone instaurano con il prodotto e con l’ambiente in cui è generato.

Foto di piatti vari. Belle? Interessanti? Probabilmente si, ma non sono altro che prodotti he potrebbero formare un banale catalogo, anche se esteticamente accattivante e “bello”. Foto © Alberto Pian.

Voi potete guardare a lungo una straordinaria Ferrari. La potete osservare in alto, in basso, potete girarci intorno e toccarla finché vi pare, ma la storia, la vera storia che vi colpirà, che vi emozionerà, non sarà in quello che vedete ma in quello che vi verrà raccontato su come quell’auto è stata concepita, sulle sfide che sono state superate, sull’entusiasmo che ha generato, sui traguardi che ha tagliato, sui sentimenti e sulle emozioni delle persone in relazione a questa incredibile autovettura. Non sono i guantoni di Geroge Foremann ad aver conquistato il secondo titolo mondiale all’età di 45 anni, è stato George Foremann in carne e ossa.

Nella storia il prodotto è nulla, le persone sono tutto. E se non ci sono persone con storie da raccontare quel prodotto non varrà nulla!

Dal movimento esterno al movimento interno

Abbiamo parlato del movimento esterno alla produzione e, in parte, al locale stesso in cui il prodotto è creato e consumato. C’è anche un altro movimento di cui dobbiamo però parlare ed è quello che permette al prodotto di essere creato. Il movimento dello Chef, degli aiutanti, dei cuochi, delle persone che lavorano è il movimento vitale che rende possibile l’atto della creazione, cioè il piatto.

Se questo movimento è “fotografabile“, cioè se questo movimento si può raccontare e merita di essere raccontato allora anche il suo prodotto potrà mostrare la sua qualità e sarà meritevole di essere consumato. L’equazione è semplice.

Qualsiasi piatto può essere creato in studio e fotografato con i metodi dello still life. Che valore può mai avere? È una immagine creata solo per ingannare il pubblico, è marketing, basso commercio per agganciare il cliente.

Il racconto fotografico in real time, realizzato là dove il prodotto è creato nel momento stesso in cui viene creato e consumato, senza finzioni e senza copioni, è una storia, non è un inganno. E intatti, non tutti sono disponibili ad aprire agli storyteller le porte dei propri locali in modo così trasparente e senza vincoli.

Il racconto di produzione in real time è il racconto di verità destinato al pubblico perché mostra l’umanità del prodotto stesso in quanto creazione umana, che viene raccontata in modo esplicito e poetico.

Le tre fotografie qui sotto mostrano piccole azioni durante la produzione del gusto di stracciatella, realizzate a negozio aperto, con il pubblico presente, nella stanza di produzione che è separata solo da una vetrata dalla sala di degustazione.

© Alberto Pian

Cura e attenzione

Domanda: può una fotografia – finzione – still life mostrare la cura reale, l’amore e l’attenzione verso il prodotto? Assolutamente no, ovviamente, perché è assente la componente umana. Nessun prodotto, i quanto prodotto morto, finito, si prende cura di sè. È sempre, solo e unicamente l’essere umano, che si prende cura del prodotto. Mostra questa una e questa passione e mostrerai automaticamente la qualità di un prodotto che puoi anche fare. ameno di mostrare.

Ve bene, non è esattamente così, ma lo è in gran parte.

Osservate. In queste due fotografie lo Chef ha uno sguardo intenso e preciso mentre misura le grandezze degli impasti. Vi spiegherà che queste grandezze sono determinati per diversi motivi che riguardano anche il rapporto con gli ingredienti e il tipo di cottura. Per questo è così attento.

Ma anche il modo con cui l’impasto è disteso (immagine a destra), modifica il risultato del prodotto. E stiamo parlando di una semplice pizza, no di caviale in salsa araba cotto su un anello di Saturno!

Ho cercato di mostrare questa intensità e questa cura che a mio parare valgono più di mille fotografie di straordinarie pizze, perché queste sono le immagini che parlano davvero al pubblico, che gli trasmettono dei sentimenti e una passione.

Anche le due fotografie qui sotto esprimono analoghe intensità. Osservate con quale attenzione lo Chef controlla e taglia l’impasto, anch’esso destinato a una semplice pizza. Ma notate che i movimenti hanno una certa grazia e stile. Non c’è grossolanità, c’è eleganza e, ripeto, stiamo parlando di pasta di pane. Se tratti così la tua tua 500, figuriamoci quando avrai per le mani una Ferrari! La crescita della passione, dello stile, dell’eleganza, non hanno limiti, se esistono davvero.

Non è questo un messaggio potente da portare al pubblico?

Anche lo Chef di prima non esprime una minore eleganza e grazia. Sta preparando una sfoglia per creare una classica focaccia di Recco, di cui ha acquisito anche il marchio di qualità. Sono trent’anni che produce focaccia di Recco con la sua ricetta tradizionale. Farebbe anche non osservare con questa attenzione e concentrazione una sfoglia che ha prodotto qualche milione di volte, ma lo fa.

Ditemi, che cosa vi spingerà a scegliere il suo locale, se non questa fotografia? Guadate anche come scende morbidissima questa sfoglia dalle sue mani. È una bella foto? Si, è una foto bellissima. Ma non perché è ben centrata, lo sfocato è al punto giusto, i bianchi sono netti, i grigi sono ben disposti e lievi sulla sfoglia… è una bellissima foto perché quest’uomo e il suo lavoro mi hanno ispirato e mi hanno concentrato nel mio lavoro. Un lavoro fatto bene ispira, ispira chiunque. Il movimento della produzione in produzione, in real time è vita. Chi ama la vita non lo può ignorare.

E allora perché non continuare e raccontare a tutti i costi anche la fluidità di questo lavoro appassionato che si ripete da trent’anni senza mai distrazioni, senza mai mancanza di cura?

Lo Chef delle foto precedenti questa sopra è un giovane ragazzo che ha appena aperto il suo locale. Sarà ancora così fra trent’anni? È probabile di sì perché quello che io ho visto e ho cercato di raccontare in centinaia di fotografie, è la cura, la passione, il valore di questo lavoro. L’altro è un “vecchio” Chef che ha conservato la bellezza delle origini.

Sono storie di vita per le quali vale la pena di fare il lavoro di raccontarle.

Movimento puro

Se il movimento è vita in qualsiasi modo lo raccontiamo stiamo consegnando al pubblico la vitalità di un racconto. Nella prime due fotografie qui sotto l’ho fatto mostrando proprio il movimento di un oggetto: un matterello, un cucchiaio… Nella terza fotografia l’ho fatto mostrando il movimento del fumo che si sprigiona dalla cupola e che crea un’atmosfera particolare.

Siamo troppo abituati a vedere il cibo come qualcosa statico, di fisso, di finito e terminato, anche durante la stessa produzione. Ma il cibo è fatica perché è movimento e questa fatica è sana e rende sano (in un certo senso), il cibo che sta preparando, una semplice pizza (prima foto), o un piatto d’autore (seconda e terza fotografia).

Tensione

Il movimento è sempre tensione perché è un tragitto fra differenti e opposti poli. In cucina questa tensione è continua, costante, a volte tesa e drammatica. Perchè non dovrebbe? E perché non lo dovremmo ricordare al pubblico? La tensione in cucina, come in qualsiasi produzione, è sempre positiva. Anche uno screzio, un’imprecazione, una rottura, un errore, determinato la vitalità di un lavoro. Prima di tutto la cucina è lotta contro il tempo e se non ci fossero cura e attenzione il tempo vincerebbe e non ci sarebbe la necessaria tensione e il movimento verso la produzione ne sarebbe impoverito, sarebbe mancante di qualcosa perché il tempo, in cucina, sottrae qualità. Il piatto sarebbe povero, insufficiente, banale o, addirittura, imperfetto, malfatto.

Già di per sè il piatto è statico, armonioso, equilibrato, fisso, ma è creato dal movimento ed è il prodotto di una tensione che può raggiungere grandi livelli. Là dove esiste adoro raccontarla. Avrò una storia vera e intrigante, nel senso in cui lo spiegava proprio Hemingway.

Ho scelto alcune fotografie per mostrare specifici e differenti momenti di tensione sui quali attirate la vostra attenzione con qualche breve spiegazione in didascalia.

Lo Chef sta lavorando in tensione, mostrata dalla posizione del corpo, dalle sue linee dinamiche. La mancanza di dettagli delle zone sovraesposte accentua questa sensazione. © Alberto Pian.
Anche uno sguardo come questo, intenso e ruotato di 180° rispetto alla posizione del corpo (le braccia stanno lavorando nella direzione opposta), mostra la tensione verso una situazione che si è venuta a creare in cucina. © Alberto Pian.
A volte il corpo assume delle posizioni curiose, dinamiche e armoniose, pur non sembrano proprio “naturali”, come in questo caso, in cui la cuoca interviene per non perdere tempo nel trovare una posizione più idonea. Alla fine di una giornata di lavoro il corpo sente la fatica dei movimenti e delle contorsioni che la cucina ha richiesto nella sua lotta contro il tempo. © Alberto Pian.
Anche semplici e continue operazioni come l’impiego del sac à poche richiedono attenzione per la gestione esatta delle quantità, insieme a una dinamicità del corpo, come si vede in questa fotografia, che mostra linee opposte di tensione e di rotazione, oltre alla distanza con cui lo strumento è tenuto dallo Chef che nell’insieme rende questa operazione impegnativa a livello muscolare. © Alberto Pian.
Un momento di scioglimento della tensione fra i tanti necessari in un lavoro di cucina che troppo spesso viene mostrato dai media e considerato dal pubblico come leggero, piano e gratificante. © Alberto Pian.

Coppie

La coppia, o comunque la presenza di più persone in cucina – e in qualsiasi produzione – mostra sempre lati contrapposti, tensioni, linee di movimento che esprimono la dinamicità e quindi la vitalità del lavoro.

Anche qui alcune fotografie con le loro specifiche didascalie ci raccontano il senso di ciò che è stato raccontato.

Una coppia vitale, che a volte esprime vere e proprie contrapposizioni è quella cucina – servizio. Qui è fotografata in soggettiva, dal punto di vista del servizio. Il servizio esige il piatto, la cucina lo prepara ed esige il suo tempo. Mi piace questa fotografia perchè sembra quasi che una delle cuoche sorrida vedendo che, ancora una volta, il servizio può partire regolarmente con i suoi piatti ben curati. È probabile che il sorriso abbia altre cause, ma mi piace leggerlo in questo modo e sono sicuro che anche il pubblico lo vede come lo vedo io perchè è questo che mostra l’inquadratura che ho scelto. @ Alberto Pian.
Attività radicalmente diverse e opposte pongono anche i due chef di spalle: l’uno la culmine di una cottura, l’altro al culmine di un impiattamento. @ Alberto Pian.
Anche questa fotografia mostra una divisione di compiti per comporre lo stesso piatto. Il lavoro è frutto di una intesa automatica, che non richiede continui scambi e indicazioni ma l’assolvimento di precisi compiti da parte di ciascuno. @ Alberto Pian.
Le espressioni del viso e le linee di movimento delle braccia e dei corpi mostrano la tensione che la cooperazione richiede. Ricordo che la tensione, in cucina, è sempre legata ai tempi di produzione. @ Alberto Pian.
Quattro mani al lavoro in due diverse cotture mostrano il dinamismo di una simmetria che in cucina implica coordinazione, organizzazione e team. @ Alberto Pian.

Le tre fotografie qui sotto in successione mostrano la stessa cosa in contesti e situazioni molto differenti: le linee del movimento delle coppie di cuochi che formano un asse dinamico che è bello da osservare e che trasmette l’intensità del lavoro.

Asse frontale, entrambi puntano allo stesso obiettivo. @ Alberto Pian.
Asse laterale destro, anche qui gli Chef puntano allo stesso obiettivo. @ Alberto Pian.
Asse contrapposto destra centrale, sinistra laterale. @ Alberto Pian.
Asse contrapposto destro – sinistro ma i volti e i gesti mostrano calma e una tensione minore rispetto alle fotografie precedenti, con una concentrazione analoga. @ Alberto Pian.
Medesimo asse sinistra – destra, ma i volti e le posizioni del corpo indicano uno scioglimento della tensione, rispetto a un movimento importante che si è appena verificato. © Alberto Pian.

Potrei raccontare ancora tante cose su questo tema, per esempio come si organizza uno storytelling in produzione in real time, quali problemi occorre affrontare e prevedere, come lavorare concretamente dietro le quinte, in cucina e in sala mentre avviene il servizio…

Magari questi temi potrebbero essere l’oggetto di un nuovo saggio!


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