Cerchiamo di capire il significato di questi passaggi, che effettuiamo con la tecnica Ken Burns, quando abbiamo a che fare con singole immagini. Partiamo dal dettaglio per giungere all’inquadratura generale. Lo spettatore non sa nulla della scena e si chiede come il dettaglio rientri nella composizione generale del quadro, che è precisamente ciò che vogliamo che scopra dopo una certa attesa (di pochi decimi di secondo o di pochi secondi).
I cosiddetti “effetti Ken Burns”
Questa è, precisamente, la tecnica inventata da Ken Burns soprattutto per la realizzazione di documentari. Egli desiderava girare un film sulla guerra civile americana nel 1990, non disponeva di alcun “girato”, ovviamente, ma solo di immagini e così ha fatto due cose, anzi, più precisamente, tre:
1. ha applicato i movimenti di macchina su una sola immagine (aggiunta di movimento);
2. ha posto le immagini in sequenza (aggiunta di altre immagini);
3. ha inserito una voce fuori campo (aggiunta di una voce narrante).
In questo modo ha creato un film, corredando, come dicevamo, le immagini di ulteriori informazioni.
Esercizio di movimento
Prendiamo una immagine tratta da una anziana locandina, cioè un materiale povero e non significativo. Prendiamo questa immagine e mostriamo solo il dettaglio della mano. Vogliamo arrivare alla testa alla quale il pugno è diretto. I movimenti che applichiamo sono questi:
1. apertura del campo fino a comprendere il volto;
2. contemporaneo movimento verso destra fino a inserire il volto mantenendo anche la mano dall’inquadratura. Si otterrà l’inquadratura racchiusa nel campo rosso nell’immagine qui sotto. In sostanza, abbiamo preso del tempo per tenere lo spettatore nel dubbio, senza fornirgli alcuna informazione significativa su che cosa stia avvenendo. L’unica cosa che sa, fino a ora, è che il pugno di un bianco sta per colpire il viso di un nero… con tutto quello che ne consegue sul piano dell’interpretazione, delle aspettative, dello stereotipo. Infine, aggiungiamo un terzo movimento, determinato da un’apertura di campo e da un contemporaneo spostamento, lieve, verso sinistra, per ottenere il risultato finale.
Invertiamo, dal generale al particolare
E’ più difficile creare suspense con il movimento inverso, dal generale al particolare? In questo caso si, ma non in linea generale. Proviamo a invertire la successione delle immagini. La sequenza invertita sottolineerebbe la forza del pugno, se non fosse che il soggetto ricevente non fa una piega, depotenziando così l’aggressività del gesto. Lo spettatore ha quindi già in suo possesso tutte le informazioni fin dalla prima inquadratura. Non deve scoprire che cosa sta accadendo, come nel caso precedente. L’inquadratura dal generale al dettaglio vuole sottolineare un particolare. E’ un po’ come scrivere in grassetto la parola di una frase. Si sottolinea la forza del pugno, o una sua caratteristica, perché sul pugno si chiede allo spettatore di concentrare tutta la sua attenzione. Gli si chiede di prestare attenzione a questo dettaglio… ma solo per un momento, poiché la storia deve necessariamente continuare e la suspense può ripartire: dall’inquadratura della mano potremmo far seguire quella di un volto insanguinato… ed entriamo così nuovamente nel caso di un passaggio dal dettaglio al generale.
Dialettica dettaglio – generale e viceversa
Possiamo quindi ricavare qualche conclusione per la produzione del nostro storyboard, riferendoci alla dialettica che caratterizza il movimento dettaglio – generale e generale – dettaglio.
Il passaggio dal dettaglio al generale:
1. nasconde delle informazioni allo spettatore;
2. gli lascia il tempo di formulare delle ipotesi;
3. crea una certa attesa e suspense;
4. pone domande del tipo: in quale contesto ci troviamo? che cosa sta capitando?
Il passaggio dal generale al particolare:
1. potrebbe fornire più informazioni (dipende dai casi);
2. porta lo spettatore a sottolineare un aspetto;
3. insiste su caratteristiche psicologiche, fisiche, dinamiche, ottiche, ecc. legate al suo isolamento;
3. suscita domande relative alla consistenza del dettaglio, al suo valore psicologico, a che cosa verrà in seguito.
In linea generale (solo in linea generale), nel primo caso siamo più orientati a mostrare l’azione, nel secondo a rilevarne l’impatto e, eventualmente, a preparare lo spettatore a un seguito.
Movimenti di immagine
Rimaniamo sul terreno delle immagini fisse alle quali vogliamo attribuire un movimento.
Anche se abbiamo a che fare con delle immagini e non dobbiamo riprendere una vera scena con strumenti di ripresa, le regole da applicare ai soggetti che si incontrano, che camminano, che si muovono, raffigurati da fotografie o disegni sono esattamente le stesse. E’ bene quindi riassumerle.
Un caso tipico è quello dei movimenti che riguardano soggetti che si incontrano, che parlano fra loro, che entrano ed escono dalle stanze. Poniamo di avere due persone che entrano nella stessa stanza e che si incontrano frontalmente. L’una entrerà da destra e l’altra da sinistra. Se abbiamo due immagini con le quali vogliamo esprimere questo incontro. dobbiamo rispettare questi movimenti.
Se le due immagini mostrano i due soggetti nella stessa direzione, una delle due dovremmo invertirla orizzontalmente. Questo processo in fin dei conti è istintivo, ma è bene averlo chiaro.
Questo non è ancora sufficiente. Quali movimenti applichiamo, fra gli effetti Ken Burns alle immagini dei due soggetti affinché si incontrino?
Ovviamente faremo entrare B2 da destra e A2 da sinistra finché non saranno posti frontalmente l’uno rispetto all’altro. Possiamo anche farli entrare in scena senza un movimento, ma grazie a una dissolvenza. Dallo schermo nero, poco per volta, comparirà dapprima un soggetto e quindi il secondo.
L’uscita deve essere coerente con l’entrata: chi è entrato da destra uscirà a sinistra e viceversa, a meno che non cambi l’inquadratura: entra inquadrato di spalle o di fianco da destra ed esce nuovamente da destra, ma è inquadrato frontalmente.
Esercizi. Scambio di posti o campo – controcampo?
Se fino a adesso è tutto chiaro, proviamo qualche esercizio da applicare al campo – controcampo (vedi scheda successiva), solo con immagini fisse, applicando gli effetti Ken Burns.
Leggi “Come un film, ispirare con le immagini in movimento”
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