Alberto Pian

Alberto Pian

DALL’INFORMAZIONE ALLA DIVULGAZIONE E ALLA STORIA: “TE LO SPIEGO IO”

Nel gennaio 2024 ho consegnato anche le versioni in lingua Ucraina e Russa di un complesso di 9 eBook interattivi in altrettante lingue, composti da 29 filmati ciascuno, schede, giochi, attività, realizzato per il Reparto Pediatrico dell’Istituto dei Tumori di Milano e sponsorizzato da Lega Italiana Lotta contro i Tumori, pubblicati da Centro Leonardo Education. Ne parlo qui per trattare questi argomenti: Che rapporto esiste fra divulgazione e narrazione? E poi è possibile divulgare e narrare contemporaneamente a target diversi, per esempio a bambini e adulti? Normalmente la risposta è no, divulgare non è esattamente creare una storia e il target deve essere preciso, non si può raccontare a tutti, nello stesso modo, la stessa storia. La necessità però ha mostrato il contrario e così è nato “Te lo spiego io”

Quando sono stato invitato da Monica Giovannetti, insegnante del reparto pediatrico dell’Istituto dei Tumori di Milano a incontrare un team di medici diretto dalla dott.ssa Maura Massimino (primaria del reparto), ho subito realizzato che la richiesta sarebbe stata complicata e impegnativa:

“Ci proponiamo di rendere sopportabile e accompagnare il piccolo paziente, e la sua famiglia, nel percorso di cura.”

Dunque avremmo dovuto sostenere tutti i 28 momenti importanti del percorso oncologico, dalla plasmaferesi alla chemioterapia passando per le sale operatorie, l’oculista, la radioterapia, lo psicologo, la scuola… Ho pensato che non potevamo rimanere nei termini classici dei film di documentazione: sarebbero stati necessari troppi prodotti a seconda degli obiettivi e del target.  E poi il linguaggio non sarebbe stato per nulla adatto. Famiglie, bambini piccoli e ragazzi (dai 0 ai 14 anni ), che devono affrontare la malattia oncologica sono in una situazione difficile da accettare e da vivere.

Oltre alla paura, la famiglia spesso non sa esattamente a che cosa va incontro, può sentirsi confusa e anche sola nell’affrontare una situazione così drammatica. Non si può parlare a tutti loro con filmati istituzionali, bisogna tenere unita la famiglia, bisogna sostenere i sentimenti positivi, bisogna che l’informazione sulla cura e il suo sostegno siano sviluppati da una storia, da un protagonista che stia con loro, che viva con loro, che ne sia parte e che affronti con loro e al posto loro tutti i temi del percorso di cura in tutte le sue numerose tappe. 

Quattro scelte per un “linguaggio”

A mio parere, dovevamo fare contemporaneamente quattro cose:

1. raccontare e non informare;
2. parlare a tutti contemporaneamente;
3. trovare un personaggio narrante, riconosciuto e affettivo, che fosse il centro della storia;
4 fare in modo che i bambini imparassero cose nuove e le portassero a scuola, a casa, agli amici, per compensare quello che perdevano o che sapevano di perdere.

Dirigendo i lavori e scrivendo le sceneggiature, mi accorgevo che stavo mettendo insieme un nuovo linguaggio, un nuovo modo di raccontare attraverso la produzione di eBook e filmati.

La tartaruga Maria Stuarda

Maria Stuarda espone i suoi pensieri a Betta, nei panni dello psicologo, che li raccoglie nella sua mano (dx). A lato Maria Stuarda corre per il corridoio del reparto per recarsi alla scuola interna all’istituto (telospiegoio.org

Così, a fare da guida in ogni film c’è Maria Stuarda (telospiegoio.org).

Maria Stuarda è una piccola tartaruga che esiste davvero nel reparto ed è molto amata dai bambini e dalle famiglie. E’ la mascotte del reparto, che si è anche ammalata realmente e per questo è stata curata dai bambini e dalle famiglie. Nei filmati Maria Stuarda segue il necessario percorso di cura per guarire. Con dolcezza e con simpatia, conosce lo staff di medici, infermieri e educatori che si prenderanno cura di lei e dei bambini, impara a capire a quali cure è necessario sottoporsi, quali precauzioni bisogna prendere e perché.

Si dedica anche a diverse attività ludiche, allo sport e allo studio, che vengono proposte dallo staff ospedaliero. Per questo ho pensato che Maria Stuarda fosse il personaggio ideale che piace a tutti, grandi e piccoli, con il quale tutti avrebbero potuto identificarsi ed esprimere la propria affettività. E la proposta di sviluppare le animazioni necessarie di Maria Stuarda è stata accolta con entusiasmo.

Costruire il linguaggio

Occorreva una voce narrante, una guida che accompagnasse Maria Stuarda nel percorso di cura, attraverso i 28 passaggi fondamentali del reparto (telospiegoio.org). Dopo una serie di riflessioni e di casting io e Oreste Gallina, a cui avevo proposto di cooperare nella regia e di gestire la troupe durante le riprese, abbiamo scelto Betta, un’attrice – mamma, che esprime simpatia, professionalità e, allo stesso tempo è “normale”, non incute soggezione, non si presenta in modo istituzionale e ha tutte le caratteristiche per essere un personaggio positivo per tutti.

Betta introduce le storie sui rispettivi argomenti.: 1. astronauta alla risonanza magnetica; 2. cantante – clown alla TA;C Nell’ultimo fotogramma Betta mentre si rivolge ai genitori.

Betta Cucci è anche la voce di una serie di personaggi per gli audiolibri di Geronimo Stilton. Sarebbe stata perfetta. Ma come avrebbe potuto parlare contemporaneamente a mamme e papà, italiani e stranieri e a bambini da 0 a 14 anni? Potevamo infrangere la regola fondamentale del target della comunicazione? 

Si, era nostra ferma intenzione farlo: non potevamo riempire le famiglie di filmati e di storie per gli adulti, per i bambini piccoli, per quelli più grandicelli, il tutto per 28 volte, con il rischio di ottenere linguaggi non sempre appropriati! Non ci sarebbe più stata una storia, ma un guazzabuglio di informazioni difficili da gestire! Bisognava creare una sorta di nuovo “linguaggio”. Dopo una serie di riflessioni la prima base di questo futuro linguaggio viene in mente a Oreste. Betta avrebbe parlato frontalmente ai genitori, mentre avrebbe abbassato lo sguardo per interloquire direttamente con Maria Stuarda.

Idea semplice e, per questo, efficace.  linguaggio si precisa: prima Betta avrebbe parlato ai bambini attraverso la tartaruga e poi ogni filmato si sarebbe chiuso rivolgendosi ai genitori. In questo modo tutti avrebbero ascoltato Betta e visto Maria Stuarda e se poi i bambini non avessero più avuto voglia di continuare, non avrebbe avuto importanza, perché per la chiusura sarebbero rimasti i genitori.  Era una scommessa ma ho cominciato a scrivere le sceneggiature attenendomi a queste decisioni e ogni volta le visionavamo per mettere a punto ogni particolare in modo che il linguaggio fosse coerente. 

Stiamo attribuendo troppa importanza a piccole cose? Certo, sono piccole soluzioni, ma la loro importanza è così determinante nella creazione di una storia, da richiedere la massima attenzione. Stavamo formando un “codice” e questo codice sarebbe dovuto risultare invisibile, lo spettatore lo avrebbe dovuto assimilare senza accorgersene, lo avrebbe dovuto riconoscere istintivamente come suo. Anche in questo caso, dunque, il cinema è invenzione, creazione, idee.

Testo all’interno dell’eBook che riporta ciò dice Betta rivolta ai bambini e poi ai genitori. Ogni specifica situazione (sono 28 in tutto), comprende una storia filmata con Betta ed eventualmente l’animazione di Maria Stuarda, il testo in sette lingue e specifiche immagini di disegni di bambini della specifica situazione raccontata.

Coerenza linguistica

Quando si crea un codice in un film nessuno può sapere se questo codice verrà riconosciuto perché non è ancora stato sperimentato. Occorrono esperienza, teoria e intuito per creare qualcosa che viene accettato in modo naturale dal pubblico. E occorrono anche molte discussioni con le persone che lavorano con te. Alla fine però, non basta l’idea, bisogna che tutto tenga, cioè che sia coerente. Per esempio: Betta avrebbe potuto parlare agli adulti dall’interno degli ambienti del reparto dai quali poco prima aveva parlato con Maria Stuarda? Assolutamente no, bisognava distinguere i discorsi ma dare loro continuità.

Così l’idea è stata di portare Betta in studio, su sfondo bianco, non luminoso e Oreste, da direttore della fotografia, ha allestito un set perfetto. Ma, in certi casi, Betta poteva conservare parti dell’abbigliamento e degli strumenti utilizzati poco prima con Maria Stuarda? La rottura sarebbe avvenuta nella continuità? Si, e ciò avrebbe anche permesso, in alcuni casi, il fatto che Betta si sarebbe potuta rivolgere agli adulti dallo stesso ambiente di reparto. Dunque, costruito un codice e misurata la sua resistenza, lo si può delicatamente infrangere. Il risultato sarà un rafforzamento del codice stesso. A questo punto il compito era scrivere delle sceneggiature equilibrate. 

La scrittura delle sceneggiature

Dovevo trasformare in una storia fondata sui codici che ho appena descritto, composta da tante diverse storie, i vari testi informativi che oltre una quarantina di medici, infermieri, insegnanti e operatori del reparto avevano elaborato. Erano testi anche molto tecnici e articolati.  Alla fine, per ogni situazione ho creato una piccola storia con Maria Stuarda che faceva il suo ingresso e manifestava la sua presenza. Il tema della scrittura di storie non fa parte di questo articolo, ve lo racconterò in un’altra occasione. Vi basterà sapere che una storia, anche piccola, anche minima, per di più fondata su codici non ancora assimilati dal pubblico, deve poter avere qualcosa di epico, qualcosa che trascenda la sua stessa quotidianità.

Tutta la serie di prodotti realizzata dal progetto di una sceneggiatura.

L’aspetto epico può essere dato dai valori universali ai quali ci si può riferire e alle ambientazioni che si presentano. Così Betta era di volta in volta astronauta , atleta, provetta cantante… oppure la storia si riferiva a eventi olimpionici a esplorazioni dell’universo o ad altri miti. Tutto questo senza esagerare, senza urtare le sensibilità di persone che soffrono in modo profondo, mentre affrontano il tumore, ma per il semplice scopo di interloquire con una tartaruga che li accompagnava nel percorso di cura.

eBook, contenitore di “linguaggi”

Infine l’altra idea importante che completava il “linguaggio” e che è stata accolta dallo staff fin dall’inizio del progetto, i cui lavori sono durati quasi due anni, è stata di inserire tutti i 28 + 1 filmati in un eBook interattivo (download qui) e in una applicazione multipiattaforma identica agli eBook, dove i bambini e le famiglie avessero potuto trovare anche una serie di strumenti di apprendimento. Avevo maturato subito, al primo incontro con lo staff, questa idea di inserire una quarantina di giochi educativi, fra i quali attività normalmente svolte in reparto. Il suo scopo era di “arricchire” i bambini, di aiutarli ad acquisire nuove capacità da utilizzare a scuola e con gli amici per limitare il senso di inadeguatezza e il disagio provato durante la cura.

Diversi “linguaggi” e strumenti caratterizzano questo prodotto, uniti da un codice e una narrazione comune.

Bisogna infatti capire che un bambino in cura oncologica è afflitto da numerosi problemi, fra i quali una continua sensazione di perdere qualcosa, di essere “inferiore” mentre, allo stesso tempo, la consapevolezza della malattia lo porta a maturare rapidamente, a sentirsi più adulto. Come rispondere contemporaneamente a queste due problematiche? Per questo motivo i filmati, le storie, non sarebbero bastati e dovevamo offrire degli strumenti avanzati di gioco e di apprendimento. Da qui la proposta ovvia di un prodotto che raccogliesse tutto, confezionando un eBook interattivo e associando anche un album delle figurine, come strumento materiale di costruzione di una storia personale. 

Così i bambini, oltre ai filmati di cui abbiamo parlato, avrebbero potuto svolgere esperimenti, e imparare tante cose insieme a Maria Stuarda e Betta. Avrebbero potuto portare in classe queste nuove conoscenze per… pareggiare i conti, in qualche modo, per sentirsi utili ai propri compagni, per renderli curiosi. Anche questa era una scommessa: avrebbe retto un “linguaggio” cinematografico all’interno di un libro? Due strumenti così diversi avrebbero potuto convivere? Il codice sarebbe stato coerente? Si, lo sarebbe stato perché le soluzioni narrative e pedagogiche erano , a loro volta, solide e coerenti, il linguaggio teneva in tutti i suoi aspetti.

I film e gli eBook sono stati prodotti e tradotti in 7 lingue: italiano, inglese, spagnolo, francese, rumeno, arabo, cinese e distribuiti in tutto il mondo. Quindi, è vero che nell’era della multicanalità tutto può essere mescolato, ma se si vuole creare un codice, una sorta di “linguaggio” bisogna che queste congiunzioni siano tenute insieme dall’arco narrativo, che è alla base del discorso.

L’album delle figurine

Oltre ai filmati, agli eBook con filmati e widget educativi, si è associato un album delle figurine con i 28 momenti del percorso di cura. La rappresentazione immateriale dei filmati e dalle proposte digitali, deve essere affiancata da un contenuto concreto, a stampa, sfogliabile e manipolabile, per poter stabilire una relazione precisa fra esperienza e astrazione, fra pensiero, linguaggio e operatività nel reale (in altre schede di questo libro ci sono riferimenti ad alcune questioni pedagogiche in tal senso). L’album delle figurine, dunque, non è stato nella proposta che ho avanzato, uno strumento di gioco in più, ma uno strumento di reificazione di un processo di mentalizzazione del percorso che, a mio parere, sarebbe stato necessario per questo tipo di lavoro.

 

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